domenica 30 agosto 2009

'Giornale' attacca Boffo su vicende sessuali, Cei lo difende

2009-08-29 11:14
'Giornale' attacca Boffo su vicende sessuali, Cei lo difende
GENOVA - 'L'attacco che e' stato fatto al dott. Boffo direttore di Avvenire e' un fatto disgustoso e molto grave': lo ha detto l'arcivescovo di Genova e presidente della Cei, cardinale Angelo Bagnasco, prima di celebrare la messa per la festa del santuario della Madonna della Guardia.

di Domitilla Conte

ROMA - Non si potrà forse definire un fulmine a ciel sereno, viste le nubi addensate negli ultimi mesi tra governo Berlusconi e Chiesa cattolica, ma del fulmine ha di certo avuto l'impatto. Il Giornale, quotidiano che fa capo alla famiglia Berlusconi, dedica l'intera prima pagina ad un "incidente sessuale" del direttore del quotidiano dei vescovi Dino Boffo, protagonista, nelle scorse settimane, di alcuni interventi critici sulla "condotta morale" del presidente del Consiglio. Il Giornale rivela, citando atti giudiziari del Tribunale di Terni riferiti a fatti del 2001, che il direttore di Avvenire ha posto fine con un patteggiamento ad un processo per aver molestato, con minacce e intimidazioni, la moglie di un uomo con il quale aveva una relazione omosessuale.

Accusa pesante, secondo Vittorio Feltri, appena richiamato alla guida del quotidiano, il quale ne evince, nell'editoriale che accompagna la notizia, che "il direttore di Avvenire non ha le carte in regola per lanciare anatemi furibondi contro altri peccatori, veri o presunti, e neanche per tirare le orecchie a Berlusconi". Dopo un minivertice a palazzo Grazioli con il sottosegretario Gianni Letta ed il portavoce Paolo Bonaiuti, il premier - in una nota - "si dissocia" dall'iniziativa di Feltri. Quest'ultimo precisa di essersi limitato a trascrivere un documento pubblico sottolineando che la presa di distanza di Berlusconi dimostra la sua indipendenza e quella del giornale. Per qualche ora si fa gelo in Vaticano e a Palazzo Chigi, intenti agli ultimi preparativi per la Perdonanza dell'Aquila, alla quale sono attesi il segretario di Stato della S.Sede, card.Tarcisio Bertone e il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi.

Il terremoto dello scorso aprile avrebbe richiamato per la prima volta le massime autorità di Italia e Santa Sede all'annuale Giubileo celestiniano, favorendo indirettamente un incontro destinato a smentire possibili attriti. Invece arriva l'annullamento della visita del premier. Il primo a intervenire è stato, questa mattina, il diretto interessato, denunciando "un killeraggio giornalistico allo stato puro" portato avanti da 'il Giornale' di Vittorio Feltri che ha montato "una vicenda inverosimile, capziosa e assurda". Boffo non nega del tutto i fatti, precisando però che di quella circostanza era stato "la prima vittima". Pronta l'alzata di scudi dei vescovi, editori dell'Avvenire, che arriva quasi in contemporanea.

La Cei conferma la sua "piena fiducia" al direttore che guida il giornale - precisa in una nota - "con indiscussa capacità professionale, equilibrio e prudenza". E l'accento sembra cadere su quest'ultima parola, quasi a dire che, sui casi berlusconiani, si sarebbe potuto dire anche di più, o magari prima, invece di aspettare le lettere angustiate di tanti cattolici allarmati per le notizie sulle feste di Villa Certosa. Il cdr di Avvenire parla di attacco "plateale e ripugnante" e nelle redazioni cominciano a piovere prese di posizione di ogni parte politica, in gran parte in difesa di Boffo. Lupi, del Pdl parla di "attacco brutale" da parte del Giornale. Franceschini, segretario del Pd, lo definisce "un segno di degrado" e Bersani, anima laicista del partito, si preoccupa di "un clima torbido" che sta "degenerando". Il leader dell'Udc, Rocco Buttiglione, è il primo a dichiarare che "Berlusconi non può immaginare che non venga fatta risalire a lui la colpa di questa aggressione condotta dal suo giornalista di fiducia sul suo giornale di famiglia".

Poco dopo Berlusconi si dissocia dalla prima pagina del Giornale, "per le stesse ragioni" per cui ha respinto il gossip sulla sua vita privata. Intanto, intorno alle 13, la sala stampa vaticana comunica che la cena della Perdonanza annunciata per la sera all'Aquila, "é stata annullata" e che il presidente del Consiglio delegherà il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta a presenziare alle celebrazioni, "per evitare strumentalizzazioni". Da palazzo Chigi non una parola, ma Letta é all'Aquila, vicino a Bertone con il quale, si dice, non ha mai interrotto i rapporti. E ieri, Bertone, aveva detto chiaramente che la Chiesa non vuole alcuno scontro.

Il costo della cena all'Aquila al termine della cerimonia della Perdonanza sarà devoluto ai terremotati, ha riferito il numero due della sala stampa vaticana, padre Ciro Benedettini. "Su invito dell'arcivescovo dell'Aquila, mons.Giuseppe Molinari, e del Comitato della Perdonanza celestiniana, il segretario di Stato, sua eminenza il card. Tarcisio Bertone - ha riferito padre Ciro Benedettini - si è recato nella città dell'Aquila per rinnovare i sentimenti di vicinanza e di affetto del Santo Padre alle popolazioni terremotate.

http://www.ansa.it/opencms/export/site/notizie/rubriche/daassociare/visualizza_new.html_1648087340.html

Da settembre l'ora di religione nelle scuole della Federazione russa

Da settembre l'ora di religione nelle scuole della Federazione russa I dettagli del progetto pilota illustrati dal ministro dell'Educazione. Entro tre anni la religione diventerà disciplina ufficiale nelle scuole pubbliche della Federazione russa.


FONTE L'Osservatore Romano - 22 agosto 2009

Gli studenti delle scuole elementari potranno seguire i corsi di "Formazione spirituale e morale" scegliendo di studiare tra quattro religioni tradizionali: cristianesimo ortodosso, islam, giudaismo o buddismo. Le lezioni si svilupperanno lungo tre linee formative: fondamenti della cultura religiosa, fondamenti di una delle religioni tradizionali, fondamenti di etica pubblica.
L'ingresso della religione nelle scuole della Russia avviene sotto l'egida del Cremlino. Il 24 luglio scorso, in occasione dell'incontro con i leader delle religioni tradizionali presenti nel Paese, è stato il presidente Dmitry Medvedev in persona a dare l'annuncio. Ora Andrei Fursenko, ministro per l'Educazione e la Scienza della Federazione, entra nei dettagli del progetto pilota che da settembre interesserà diciotto regioni e dodicimila scuole, un quinto degli istituti della Federazione. Il costo dell'operazione sarà di "centinaia di milioni di rubli" che graveranno in parte sul bilancio federale.
Il ministro ha tenuto a sottolineare che "questi soldi non verranno sprecati" e serviranno a produrre i nuovi libri di testo e a coprire i costi necessari per gli stipendi dei 44.000 insegnanti. Questi ultimi, per l'anno scolastico 2009-2010, verranno selezionati tra il corpo docente già in servizio e seguiranno una formazione specifica.
Già nell'agosto del 2006 le regioni di Belgorod, Bryansk, Kaluga e Smolensk avevano inserito nei loro programmi lo studio opzionale della storia dell'ortodossia russa. Alle polemiche sollevate dalle minoranze religiose, soprattutto dalla comunità musulmana, aveva risposto proprio Fursenko.
Il ministro dell'Educazione, allora aveva affermato che "i bambini devono conoscere la storia della religione e le culture religiose", aggiungendo che "i libri di testo avrebbero trattato il mondo delle religioni nel suo complesso, con particolare attenzione all'ortodossia russa".
A tre anni di distanza da quel primo esperimento, l'annuncio dell'introduzione della "Formazione spirituale e morale" nelle scuole allarma di nuovo le confessioni minoritarie che vedono nel nuovo progetto un tentativo di affermare l'ortodossia come elemento portante dell'identità nazionale.
Secondo recenti sondaggi il 72,6 per cento dei russi si considera ortodosso, ma solo il 3 per cento di essi va in chiesa ogni settimana. Nonostante questo, il Cremlino sostiene e promuove un nuovo protagonismo del patriarcato di Mosca.
In tal modo Medvedev intende cementare su valori comuni l'identità nazionale e nel contempo cerca un appoggio alle politiche governative per arginare la disgregazione del tessuto sociale e rispondere allo smarrimento dei giovani.
http://www.vivereroma.org/index.php?page=articolo&articolo_id=210602

Scuola, ora religione "parificata"

Scuola, ora religione "parificata"

Le nuove regole annullano sentenza T
21/8/2009ar
Arriva un nuovo regolamento per valutare gli alunni delle scuole italiane. Il testo, pubblicato sulla Gazzetta ufficiale, conferma l'equiparazione degli insegnanti di religione a quelli delle altre materie ai fini dell'assegnazione dei crediti scolastici e l'obbligo della sufficienza in tutte le discipline per l'ammissione alla maturità. Non viene dunque considerato il parere contrario che era stato espresso al riguardo dal Tar del Lazio.


Per essere ammessi alla maturità è dunque necessaria la sufficienza in tutte le materie, e i docenti di religione vengono equiparati ai colleghi delle altre materie ai fini dell'assegnazione dei crediti scolastici: continueranno dunque a prendere parte agli scrutini per la valutazione degli studenti.

Tra le novità più importanti che introduce il provvedimento c'è la necessità di conseguire, per essere ammessi agli esami di Stato, almeno la sufficienza in tutte le discipline: la regola vale sia per l'esame di licenza media, come del resto già previsto e applicato quest'anno, sia per le scuole superiori (dove invece durante gli ultimi scrutini era stata adottata la norma "interlocutoria" voluta dall'ex ministro Fioroni che per l'ammissione all'esame di Stato richiedeva solo la media del sei).

Alcune delle novità introdotte dal nuovo regolamento, pubblicato sotto forma di decreto del Presidente della Repubblica, erano comunque già state adottate: come anche quella che prevede la presenza attiva e a "pieno titolo" dei docenti di religione cattolica per la determinazione dei crediti scolastici (mentre la valutazione della materia continua a essere espressa dagli insegnanti nominati dal vicariato "senza attribuzione di voto numerico").

In questo senso, il comma 3 dell'articolo 6 del nuovo regolamento non lascia spazio a dubbi: "In sede di scrutinio finale il consiglio di classe, cui partecipano tutti i docenti della classe, compresi gli insegnanti di educazione fisica, gli insegnanti tecnico-pratici, i docenti di sostegno, nonchè gli insegnanti di religione cattolica limitatamente agli alunni che si avvalgono di quest'ultimo insegnamento, attribuisce il punteggio per il credito scolastico di cui all'articolo 11 del decreto del Presidente della Repubblica 23 luglio 1998, n. 323, e successive modificazioni".

TAR DEL LAZIO, DECISIONE BOCCIATA
Insomma, non si tiene conto della discussa sentenza emessa il 17 luglio scorso dai giudici del Tar del Lazio, secondo i quali, per non discriminare quel 10% scarso di allievi che non frquenta l'ora di religione, non bisognerebbe rendere utile la frequenza della materia ai fini dell'assegnazione dei punti utili a definire il voto di maturità.

La decisione dei giudici viene "scavalcata" attraverso l'adozione di un regolamento, quindi non con una procedura amministrativa, e comporta pochi problemi di incompatibilità applicativa rispetto a quanto stabilito dal tribunale laziale. Sempre in attesa, comunque, che si pronunci il Consiglio di Stato.

Va infine ricordato che la presenza dei docenti di religione nel consiglio di classe non ha effetti attivi per tutte le operazioni di scrutinio: ad esempio la materia non viene presa in considerazione per la formulazione delle medie dei cosiddetti "ottisti", gli studenti super-bravi che si presentano alla maturità senza aver frequentato il quinto anno.

ESAMI DI TERZA MEDIA
Quanto agli esami di licenza media, il nuovo regolamento sulla valutazione prevede che dal 2009/2010 nella determinazione del voto finale debba essere calcolata la media aritmetica dei voti conseguiti in tutte le prove d'esame: prove quindi scritte (anche il test standard Invalsi il cui "peso" quest'anno era stato deciso invece da ogni istituto) e orali. Oltre che nel giudizio di ammissione di esame (già dal 2008/09 espresso con voto in decimi anziché con giudizio (sufficiente, ottimo, distinto).

VOTO NUMERICO: QUANDO RIMANE
Sparisce invece, rispetto alla prima versione, la parte che prevedeva di assegnare il voto numerico anche durante le lezioni.

Rimane il "voto" numerico anche per la certificazione delle competenze, in disaccordo con quanto avviene nell'Unione europea. Alle superiori una novità importante, ma solo a riforma avvenuta, riguarderà l'obbligo da parte degli alunni, salvo situazioni particolari, di aver frequentato almeno i tre quarti delle lezioni: viene così introdotto, teoricamente a partire dal 2010/11, il concetto di frequenza obbligatoria invece sino ad oggi adottato solo nella primarie e durante lo scrutinio delle medie inferiori.

Confermata la valutazione dei ragazzi che presentano difficoltà specifiche di apprendimento adeguatamente certificate. Ciò significa che "la valutazione e la verifica degli apprendimenti" come si legge nel dpr 122"comprese quelle effettuate in sede di esame conclusivo dei cicli, devono tenere conto delle specifiche situazioni soggettive di tali alunni; a tali fini, nello svolgimento dell'attività didattica e delle prove di esame, sono adottati, nell'ambito delle risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente, gli strumenti metodologico-didattici compensativi e dispensativi ritenuti più idonei".



http://www.tgcom.mediaset.it/cronaca/articoli/articolo458132.shtml

martedì 4 agosto 2009

QUEL LIBRO CHE FA PAURA ALLA COREA DEL NORD

QUEL LIBRO CHE FA PAURA ALLA COREA DEL NORD
Post n°2120 pubblicato il 27 Luglio 2009 da diglilaverita


Dal 1948 lo Stato della Corea del Nord è retto da una dittatura comunista di tipo staliniano riconosciuta come il regime peggiore per quanto riguarda il rispetto dei diritti umani. È comprovata l’esistenza di campi di internamento in cui sono detenute più di 150 000 persone in condizioni a dir poco disumane. La Commissione d’inchiesta contro i crimini dell’umanità ha recentemente pubblicato un rapporto nel quale denuncia una serie impressionante di crimini contro l’umanità commessi dal regime di Pyongyang, come ad esempio la condanna a morte per il furto di una mucca, per la vendita di film stranieri o per l’ascolto della radio Sud-coreana. Un ex capitano dell’esercito ha addirittura confessato che il regime utilizza come cavie bambini disabili per testare armi chimiche e biologiche. In Corea del Nord, paese dove il dittatore viene considerato alla stregua di una divinità, anche la fede religiosa ovviamente è un tabù. Sono decine di migliaia i cristiani che si riuniscono in vere e proprie catacombe. È di sabato scorso la notizia sconvolgente della donna giustiziata in pubblico perché distribuiva la Bibbia. Questa è stata la terribile sorte di Ri hyon-ok, una donna coreana di 33 anni che viveva in una città al Nord ovest della Corea del Nord, non lontano dal confine cinese. Lo hanno rivelato nella giornata di sabato alcuni attivisti sudcoreani che si battono contro il brutale regime di Kim Jong-il a Pyongyang, l’ultimo baluardo dell’utopia Comunista del Pianeta. Gli stessi attivisti hanno fatto sapere che il regime ha reso prigionieri politici il marito e i figli della donna, accusata di essere una spia americana e quindi una minaccia per il regime. Ha ragione il regime di Pyongyang: quel libro può essere la più grande minaccia per un sistema che si regge sulla sistematica violazione di qualunque diritto dell’uomo, della repressione di coloro che desiderano perseguire liberamente i propri ideali e professare quindi il loro credo religioso. In Corea siamo ancora fermi ai tempi in cui la politica non viene considerata come un tentativo di risposta alle esigenze dell’uomo “reale”, all’uomo che “esiste”, ma come un tentativo di immaginare un “uomo nuovo” frutto di elucubrazioni mentali. Le ideologie, i fondamentalismi e i relativismi sono accomunati dall’abbandono della verità, dal mancato riconoscimento dell’essere come principio della realtà e dall’utilizzo del potere per dare una nuova base alla realtà. La storia delle grandi dittature del passato ci dimostra che Dio fa paura a chi ha la pretesa di sostituirsi a lui. Ma la storia ci ha insegnato anche che alla lunga la furia ideologica che ha nella negazione della libertà religiosa il suo strumento di massima distruzione della dignità dell’uomo, viene sconfitta dalla prorompenza della fede e del desiderio di libertà degli uomini. Ne abbiamo una dimostrazione lampante proprio in questi giorni con le grandi manifestazioni a Teheran contro la teocrazia iraniana. Lo abbiamo visto più da vicino noi europei quando si è sgretolata l’Unione sovietica. Oggi siamo di fronte alla stessa prospettiva nei confronti della Corea del Nord e delle altre dittature che sconvolgono l’esistenza umana in tutto il mondo. Il compito dell’Europa insieme agli Stati Uniti e all’Onu è oggi quello di incoraggiare e accelerare il moltiplicarsi di movimenti democratici in quei paesi e di mostrarsi più che mai decisi e uniti nell’infinita battaglia nella difesa dei diritti inalienabili della persona, fondamento della democrazia. - ilsussidiario -

http://blog.libero.it/Rober5/7440833.html

Ombre su Medjugorje: il Papa riduce allo stato laicale Padre Tomislav Vlasic

Ombre su Medjugorje: il Papa riduce allo stato laicale Padre Tomislav Vlasic, la guida spirituale dei ‘veggenti‘ accusata di eresia, manipolazione delle coscienze e violazione del sesto Comandamento



CITTA’ DEL VATICANO - Esce di scena, portandosi dietro la minaccia di scomunica da parte del Papa e le accuse infamanti di eresia, manipolazione delle coscienze, misticismo sospetto e, persino, di aver avuto rapporti sessuali con una suora, il francescano Tomislav Vlasic, che nel 1981 diede vita al fenomeno Medjugorje in qualita' di 'padre spirituale' dei sei ragazzini che improvvisamente cominciarono a riferire di vedere ogni giorno la Madonna. Vlasic non ha aspettato di essere scomunicato ed ha giocato d'anticipo: ha dato formalmente le dimissioni nel marzo scorso, anche se la notizia e' trapelata solo in questi giorni. Un brutto colpo per l'immagine di Medjugorje, paesino dimenticato sulle colline dell'Erzegovina, divenuto dagli inizi degli anni Ottanta uno dei luoghi mariani piu' frequentati del mondo, una calamita per milioni di devoti che vi si recano nonostante la Chiesa non l'abbia mai riconosciuto come sede di eventi ''soprannaturali''. Anzi, il Vaticano ha guardato sempre con diffidenza a quelle apparizioni mariane cosi' puntuali, ogni giorno alle 17.00, che continuano tuttora, almeno a sentire i racconti dei veggenti, diventati adulti e sparpagliati in tutto il mondo: piu' di 40 mila visioni e non ''sembrano avere fine'', come osservo', in una visita ad Limina in Vaticano nel 2006, l'attuale vescovo della diocesi, quella di Mostar, Monsignor Ratko Peric. Le accuse mosse da Benedetto XVI, attraverso la Congregazione per la Dottrina della Fede, contro il 'padre spirituale' del grande fenomeno mistico, sono dunque gravissime: ''Diffusione di dubbia dottrina, manipolazione delle coscienze, sospetto misticismo, disobbedienza verso gli ordini legittimamente costituiti e atti contro il 'sextum' (contro il Sesto Comandamento)''. A renderle ancora piu' fosche vi e' una frase dell'ex dicastero di Ratzinger che ha il sapore di una sentenza: i peccati di cui e' imputato il frate sono stati commessi ''nel contesto del fenomeno di Medjugorje''. Con l'uscita di scena di Vlasic, Medjugorje chiude un altro capitolo nella sua storia, scandita dai successi e dal fascino esercitato sui credenti e dai sospetti suscitati nell'apparato della Chiesa. Gia' agli inizi, l'allora vescovo diocesano, il defunto Monsignor Pavao Zanic, accuso' Vlasic e gli altri francescani di essere impostori: la Madonna, nelle sue apparizioni ai bambini, non mancava mai di criticare i comportamenti delle autorita' ecclesiastiche del posto e di esaltare invece le gesta dei frati che, dal loro convento, gestivano i pellegrinaggi. Nel 1984, mentre a Medjugorje fioriva il turismo religioso, Vlasic prese carta e penna per autocelebrarsi con Papa Giovanni Paolo II come colui che, ''attraverso la Divina Provvidenza, guida i veggenti''. La Chiesa invio' in quegli anni tre commissioni in loco, che non riuscirono a trovare nessun supporto alle affermazioni sugli incontri giornalieri con la Madonna; nel 1991 i vescovi della Jugoslavia sancirono che non si poteva parlare di ''apparizioni soprannaturali o rivelazioni''. Tutt'oggi, i fenomeni di Medjugorje ''sotto giudizio''. Nel 1985, il Cardinale Joseph Ratzinger, Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, proibi' ogni pellegrinaggio ufficiale, diocesano o parrocchiale al sito religioso. Lascio' tuttavia la liberta' ai singoli cattolici di recarsi a Medjugorje anche in compagnia di preti. Divenuto Pontefice, Benedetto ha quindi proseguito le indagini fino al verdetto finale contro il grande regista dell'ultima epopea mistica balcanica. L'ennesima tappa di una vicenda con troppi punti oscuri, dalla presunta inconsistenza teologica dei messaggi che la vergine affiderebbe ai 'veggenti', al giro d'affari 'sospetto' che riguarderebbe sin dai primi anni Ottanta la piccola località della Bosnia Erzegovina. Per gli scettici, Medjugorje e' tutta una montatura, un'invenzione dei sei 'veggenti'; per chi chi crede nelle apparizioni, non solo e' tutto vero, ma prima o poi dovrebbero essere addirittura svelati alcuni segreti affidati dalla Vergine Maria al gruppo di 'mistici'. Cosi', tra 'falchi' e 'colombe', continua la battaglia sull'autenticita' delle apparizioni, in attesa del giudizio finale del Vaticano. Intanto, come si potra’ notare dall’intervista realizzata un anno fa e riproposta nell’apposita Area di questo giornale, anche chi come Padre Renè Laurentin, uno dei più importanti mariologi del mondo, era propenso a credere alla veridicità del fenomeno Medjugorje, adesso muove qualche passo indietro.


http://www.papanews.it/news.asp?IdNews=12738

SCOZIA: dire "MAMMA e PAPA'" diventa vietato! ...offende i gay.

SCOZIA: dire "MAMMA e PAPA'" diventa vietato! ...offende i gay.


Adesso, anche l'atto più naturale é primordiale dellessere umano, dire "mamma e papà" rischia di diventare tabù e di essere considerato "linguaggio discriminatorio" perché offenderebbe i gay.
Accade oggi in Scozia ...accadrà domani in tutta Europa?

SCOZIA. DIRE “MAMMA E PAPA’” E’ OMOFOBICO: VIETATO!

Gli infermieri e gli altri professionisti della sanità dovrebbero evitare di usare i termini "mamma" e "papà" riferendosi alle relazioni familiari , perchè queste parole risulterebbero offensive alle coppie omosessuali con bambini. Lo dice una direttiva del Servizio Sanitario Nazionale della Scozia.
Pubblicata in accordo con la leadership di una organizzazione gay Stonewall Scotland, la pubblicazione è intitolata Fair For All - The Wider Challenge: Good LGBT Practice in the NHS. Ne ha scritto ampiamente Americans for Truth l'11 febbraio scorso.
La direttiva richiede "la politica della tolleranza zero per il linguaggio discriminatorio" nella sanità scozzese. E' considerato come linguaggio discriminatorio l'uso delle parole che si adoperano per la famiglia tradizionale composta da padre, madre e figlio, secondo quello che indica il Servizio Sanitario.
"LGBT (Lesbiche, Gay, Bisessuali e Transgender) possono e devono avere bambini, l'orientamento sessuale o l'identità di genere non ha nulla a che fare con l'essere buoni genitori o crescere bene un bambino", viene affermato nel libretto.
"Le diverse circostanze possono condurre a una varietà di strutture familiari e di modelli parentali. E' importante sapere questo. Quando parlate con i bambini considerate di usare "genitori", "tutori" o "custodi", al posto di "madre" e "padre"", continua la direttiva.
Seguendo le stesse linee, viene precisato che l'uso delle parole "marito", "moglie" e "matrimonio" non è accettabile, poichè tali termini escludono lesbiche, gay e bisessuali. Invece, gli operatori della sanità potrebbero usare le parole "partners" e "parenti stretti". Ma siccome quest'ultimo termine può ingenerare equivoci, perchè si può intendere un legame di sangue, la direttiva dice che è preferibile usare "parner" o "amico intimo" per evitare confusioni.
"Questo permette al paziente di identificare e scegliere chi è importante per loro", giustifica il Servizio Sanitario.
Altra raccomandazione è di assicurare che l'ambiente sanitario deve essere rassicurante per le persone LGBT, mettendo anche poster e riviste gay e lesbiche in esposizione.
"Manifesti con immagini positive di coppie omosessuali, con materiale dello stesso tipo di coppie di sesso opposto, dovrebbero essere mostrate in tutti i reparti", così si suggerisce.
Per assicurare il comfort e la sicurezza delle persone LGBT negli ambienti sanitari, il Servizio Sanitario richiede che nella registrazione dell'identità sessuale non devono essere inclusi solamente i termini "maschio" e "femmina", ma deve essere incluso anche "altro", dove uno può sbizzarrirsi a indicare di quale genere sessuale è.
Nelle linee guida per implentare la protezione della gente LGBT, la direttiva richiede che tutti i funzionari devono sottoscrivere un impegno a combattere il linguaggio discriminatorio tra i lavoratori.
Naturalmente tutte queste idee strampalate pubblicate nella direttiva sono state pagate con le tasse dei contribuenti…

http://www.tradizione.biz:80/forum/viewtopic.php?t=14688

TEL-AVIV: ATTACCO ANTIGAY

il Giornale.it


articolo di domenica 02 agosto 2009

Spara all'impazzata
con una mitraglietta
in un locale gay: 2 morti
di Redazione

Dramma in Israele. Due giovani, tra cui una ragazza, sono stati uccisi e altri undici sono rimasti feriti ieri sera nel centro di Tel Aviv quando uno sconosciuto ha fatto irruzione in un locale gay e ha aperto il fuoco in tutte le direzioni. L'assalitore, vestito di nero e col volto coperto, è poi riuscito a dileguarsi
Tel Aviv - Due giovani, tra cui una ragazza, sono stati uccisi e altri undici sono rimasti feriti ieri sera nel centro di Tel Aviv quando uno sconosciuto ha fatto irruzione in un locale gay e da distanza ravvicinata ha aperto il fuoco in tutte le direzioni. L'assalitore è poi riuscito a dileguarsi. "Supponiamo che l'episodio sia essenzialmente di origine criminale" ha detto il capo della polizia di Tel Aviv, Shahar Ayalon. E il ministro della Sicurezza interna Yitzakh Aharonovitch ha detto di ritenere che si tratti di un attentato con motivazioni omofobiche, anche se nessuna pista viene trascurata.

L'ipotesi di un attentato palestinese non viene esclusa a priori, ma non sembra quella più credibile. Implicitamente lo ha confermato lo stesso Ayalon quando, in risposta ad una domanda dei cronisti che chiedevano dettagli sulla caccia all'assalitore (che è ancora armato), ha precisato che ai locali pubblici vicini non è stato dato l'ordine di chiudere, ma di prestare particolare attenzione alle misure di sicurezza.

L'attacco è avvenuto nella sede della 'Associazione israeliana per i diritti del singolo' dove si riuniscono omosessuali e lesbiche, al n. 28 di via Nachmani, nel pieno centro di Tel Aviv. Si tratta di un locale aperto da oltre 15 anni che offre accoglienza a giovani gay e lesbiche. Questi sono soliti incontrarsi più numerosi il sabato sera. Il locale era anche stavolta molto affollato quando l'assassino, vestito di nero e con il volto coperto, ha fatto irruzione e ha aperto il fuoco con una mitraglietta Uzi. Un ragazzo e una ragazza molto giovani sono morti sul colpo.

Secondo alcune testimonianze dopo l'attacco l'assalitore avrebbe cercato di raggiungere un altro locale per omosessuali, situato poco distante. Ma per ragioni ancora non accertate ha poi preferito dileguarsi. L'assalitore ha sparato senza aprire bocca ma i responsabili dell'associazione hanno dichiarato a caldo che probabilmente si é trattato di un attacco mirato contro la comunità omosessuale, anche se minacce specifiche nei loro confronti non c'erano state. Hanno comunque lamentato i continui attacchi verbali fatti nei loro confronti dai rabbini ortodossi.

"Si tratta dell'attacco più grave nei confronti della comunità omosessuale" ha rilevato il parlamentare Nitzan Horowitz. Alcuni anni fa un ebreo integralista ferì a pugnalate a Gerusalemme tre partecipanti ad una Gay Parade. Nel centro di Tel Aviv si sono viste stasera scene di dolore miste a sorpresa. Molti hanno pensato agli anni bui dell'intifada armata, quando i kamikaze palestinese seminavano la morte nel centro della città. Ma stasera, a quanto pare, la morte è stata causata da un "crimine d'odio" e intolleranza, interno ad Israele. E la paura nelle strade è ancora più forte.


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Nel Nordamerica conservatori e liberal si dividono sul tema dell’omosessualità

Gli anglicani si dividono
Nel Nordamerica conservatori e liberal si dividono sul tema dell’omosessualità



02 agosto 2009 - (Pierre-Yves Moret) A rischio di rottura da vari anni, la comunità anglicana mondiale assiste a uno scisma che si sta consumando oltre Atlantico. Gli episcopali conservatori americani hanno costituito una nuova chiesa che riunisce oggi circa 100’000 persone. La rottura si consuma sulla questione dell’omosessualità - e in particolare dell'ordinazione al pastorato e al'episcopato di persone omosessuali - e tocca l’insieme dei circa due milioni di episcopali americani.
Gli anglicani conservatori nordamericani hanno da un mese ormai una nuova chiesa. Decisi a non lasciarsi sopraffare dall’ala liberal della Chiesa episcopale (gli anglicani statunitensi sono detti episcopali), hanno creato - in occasione di un’assemblea tenutasi dal 22 al 29 giugno a Bedford, in Texas - la Chiesa anglicana del Nord America (Anglican Church of North America, Acna). Costituita da gruppi dissidenti della Chiesa episcopale, l’Acna è nata per offrire rifugio agli anglicani che sono in disaccordo con la teologia della Chiesa episcopale e della Chiesa anglicana canadese. Uno dei maggiori punti di disaccordo è il riconoscimento dell’omosessualità e l’autorità della Bibbia in materia.

Omosessualità, il cuore della crisi
Il dibattito si è concentrato intorno alla figura di Gene Robinson, vescovo della diocesi del New Hampshire, apertamente omosessuale, la cui nomina, avvenuta nel 2003, aveva fatto scandalo. Padre di due bambini, divorziato, Robinson si è unito civilmente al suo compagno, nel giugno del 2008: un gesto che ha amplificato la crisi in seno agli episcopali.
Particolarmente forte negli Stati Uniti, il dibattito sull’accesso al pastorato e all’episcopato di persone omosessuali agita la comunione anglicana mondiale. Forti del loro peso, le chiese anglicane del Sud del mondo non mancano di manifestare il proprio malcontento nei confronti delle sorelle del Nord.

Resistenza degli anglicani del Sud
Vari membri fondatori dell’Acna, diocesi o missioni, si sono poste da tempo sotto la giurisdizione diretta delle province anglicane del Sud: Nigeria, Ruanda, Kenya e Uganda. Il peso della Chiesa anglicana nigeriana, la seconda più grande provincia del mondo, gioca d’altronde un ruolo importante nel conflitto fra liberal e conservatori. L’arcivescovo anglicano nigeriano Peter Akinola è diventato il leader dell’opposizione conservatrice e ha minacciato più volte di abbandonare la comunione anglicana. Akinola è stato tra i personaggi chiave di un incontro tenutosi nel giugno del 2008 a Gerusalemme tra 300 vescovi e arcivescovi conservatori. Dall’incontro era emersa una forte denuncia del “falso evangelo” e del malcostume diffuso tra gli anglicani del Nord, e in particolare del Nord America.
Negli Stati Uniti la creazione dell’Acna da un lato mette in dubbio la legittimità della Chiesa episcopale, da cui è nata, e dall’altro offre l’opportunità alla corrente liberal di far sentire la propria influenza.

Vento liberale tra gli episcopali
Lo scorso luglio la convenzione generale della Chiesa episcopale ha deciso di riabilitare il vescovo Gene Robinson (che era stato messo da parte per calmare le tensioni in seno alla Comunione) e di reintegrarlo nelle sue funzioni, ha inoltre deciso di rendere più facilmente accessibile l’episcopato alle persone omosessuali e ha approvato un progetto di liturgia per la benedizione delle coppie omosessuali.
Intanto il dibattito continua a riscaldare gli animi degli episcopaliani nordamericani. L’Acna riunisce attualmente circa centomila anglicani di 700 parrocchie e 28 diocesi ed è probabile che altre persone e parrocchie lascino prossimamente la Chiesa episcopale.

Il dibattito continua negli Stati Uniti
L’ordinazione di pastori e vescovi omosessuali s’inserisce, negli Stati Uniti, in un più ampio dibattito sull’omosessualità, che comprende anche la questione attualmente dell’unione tra partner dello stesso sesso. Se infatti solo sei Stati la riconoscono, mentre 29 la vietano esplicitamente, aumenta il numero di coloro che sono favorevoli.
Secondo l’istituto Pew Forum on Religious Life, tra gli americani i contrari sarebbero il 55%. Le percentuali più alte si registrano tra coloro che frequentano regolarmente ambienti religiosi.
Sempre secondo i dati del Pew Forum, i cristiani delle diverse tradizioni protestanti si oppongono maggiormente alle unioni omosessuali, mentre i cattolici sono in genere più divisi sulla questione. Il più basso tasso di oppositori si registra invece tra coloro che non appartengono a nessuna fede religiosa.
Il dibattito negli ambienti cristiani non è destinato a calmarsi: in agosto la Chiesa luterana evangelica (la più grande delle Chiese luterane del Paese, con quasi 5 milioni di membri) voterà una proposta volta ad autorizzare le parrocchie che lo desiderano a riconoscere l’unione di persone dello stesso sesso. (ProtestInfo, trad. it. Amanda Pfändler)


The Episcopal Church USA
http://www.episcopalchurch.org/index.htm

Anglican Church in North America
http://www.acnaassembly.org/index2.php

Unioni omosessuali negli USA
Il matrimonio gay divide gli americani e le chiese, nonostante l’effetto-Obama
http://www.voce-evangelica.ch/index.cfm?method=articoli.notizie_gen&id=9567







http://www.voceevangelica.ch/index.cfm?method=articoli.notizie_gen&id=9621

Bibbia: online nuovo sito Bibbia Edu

Bibbia: online nuovo sito Bibbia Edu
29 luglio 2009 - (ve/agenzie) È online la nuova versione del sito Bibbia Edu che permette di leggere e “navigare” la Bibbia nella nuova edizione della Conferenza episcopale italiana (Cei). Accessibili, sul sito, anche le versioni della “Nova Vulgata” e della Bibbia in lingua corrente, la traduzione interconfessionale della Bibbia realizzata insieme da studiosi cattolici e protestanti. “La realtà sociale e culturale in cui ci troviamo a vivere è in continua evoluzione. Essa mette in evidenza come i linguaggi e le tecniche del comunicare sono spesso fluide, dinamiche e veloci”, sottolinea il vescovo Mariano Crociata, segretario generale della Cei nella presentazione del sito.
Bibbia Edu - realizzato dall’Ufficio liturgico nazionale, dall’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali e dal Servizio Informatico della Cei - contiene numerosi testi di presentazione e introduzione alla Bibbia.

Il sito di Bibbia Edu
www.bibbiaedu.it



http://www.voceevangelica.ch/index.cfm?method=articoli.notizie_gen&id=9615

Russia: ora di religione e cappellani militari

Russia: ora di religione e cappellani militari
24 luglio 2009 - (ve/agenzie) Il presidente russo Dmitry Medvedev ha approvato il progetto di introduzione dell’insegnamento religioso nella scuola e di istituzione di un servizio di cappellania per le truppe. Medvedev si è detto convinto che tali misure, prese in accordo con le autorità religiose ortodosse, non potranno che rafforzare la Russia dal punto di vista morale e spirituale. “La realizzazione di questi progetti rafforzerà le fondamenta morali e spirituali della nostra società e darà solidità e coesione al nostro Paese, multietnico e multireligioso”, ha detto il presidente.
L’introduzione dell’ora di religione nelle scuole della Federazione Russa segna il ritorno, dopo oltre novant’anni di esilio didattico, dell’insegnamento religioso come materia di studio. L’introduzione dell’ora di religione è inizialmente prevista in 18 regioni e 12’000 istituti. Si tratterà di un’ora facoltativa: gli alunni potranno scegliere in alternativa l’insegnamento di “etica della cultura laica”. Nelle aree in cui ci sono determinate maggioranze religiose - quindi non necessariamente quella ortodossa - è prevista la possibilità dell’insegnamento di queste altre religioni.

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Pakistan Cristiani uccisi: arrestati cento islamici

il Giornale.it


articolo di lunedì 03 agosto 2009

Pakistan Cristiani uccisi: arrestati cento islamici
di Redazione

La situazione sembra sotto controllo nella città pachistana di Gojra, nella provincia orientale del Punjab, dove sabato almeno sette cristiani, tra cui quattro donne e un bambino, erano stati bruciati vivi in scontri con la maggioranza musulmana e altre 18 persone erano rimaste ferite, dopo che una folla di musulmani aveva accusato la comunità cristiana di aver «profanato il corano». I musulmani denunciati dalla polizia su richiesta del vescovo locale sono circa 800. Solo di 17 persone per ora si conosce l’identità ma la polizia ha già eseguito un centinaio di arresti. Tra i fermati c’è Abdukl Khalid, a capo di una organizzazione estremista islamica bandita dalla legge.
A scatenare l’attacco è stata l’accusa di presunta blasfemia contro Mukhtar Masih, Talib Masih ed il figlio di quest’ultimo, Imran Maseeh. I tre avrebbero dissacrato il Corano durante una cerimonia nuziale. Secondo fonti locali, riportate dall’agenzia missionaria Asianews, gli aggressori provenivano da un villaggio vicino a Korian. Il 30 luglio hanno preso d’assalto le case dei cristiani mentre un gruppo di loro cercava di inscenare una sorta di processo pubblico. La folla ha poi bloccato la strada che unisce Faisalabad a Gojra e la caserma dei vigili del fuoco del villaggio, ostacolando i soccorsi e l’estinzione degli incendi.
Intanto in India sono stati prosciolti 16 dei fondamentalisti hindù che l’anno scorso attaccarono la comunità cristiana facendo 40 morti. I 16 furono arrestati insieme a diversi altri con l’accusa di omicidio, possesso di armi ed altri reati. Le violenze scoppiarono quando i fondamentalisti hindu accusarono i cristiani di aver ucciso il loro leader, omicidio poi rivendicato dai maoisti. Gli induisti bruciarono chiese e case. I morti secondo stime non ufficiali furono oltre cento.

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la Santa Sede: «scomunica per chi la usa e per chi la prescrive»

la Santa Sede: «scomunica per chi la usa e per chi la prescrive»
La Ru486 arriva in Italia
Dura condanna del Vaticano
Via libera a maggioranza dall'Agenzia del farmaco
alla commercializzazione della pillola abortiva



ROMA - La Ru486 arriva in Italia. Dopo una riunione durata più di quattro ore, è arrivato giovedì in tarda serata il via libera a maggioranza (quattro contro uno) dall'Agenzia italiana del farmaco alla pillola abortiva. Il Consiglio di amministrazione dell'Aifa ha infatti approvato l'immissione in commercio nel nostro Paese del farmaco già commercializzato in diverse altre Nazioni. Nel Cda dell'Aifa hanno votato a favore della pillola il presidente Sergio Pecorelli e i consiglieri Giovanni Bissoni, Claudio De Vincenti e Gloria Saccani Jotti. Ad esprimersi negativamente è stato invece Romano Colozzi, assessore alle Risorse e Finanze della Regione Lombardia. La Ru486 potrà essere utilizzata in Italia solo in ambito ospedaliero, così come la legge 194 prevede per le interruzioni volontarie di gravidanza. Nelle disposizioni, ha spiegato l'assessore Bissoni, c'è un «richiamo al massimo rispetto della legge 194 e all'utilizzo in ambito ospedaliero. Dopo una lunga istruttoria è stato raccomandato di utilizzare il farmaco - ha aggiunto - entro il quarantanovesimo giorno, cioè entro la settima settimana». Entro questo termine, infatti, le complicanze per l'uso del farmaco sono sovrapponibili a quelle dell'aborto chirurgico, ha concluso l'assessore.

LA CONDANNA DEL VATICANO - Ancora prima che l'Aifa si pronunciasse, il Vaticano era tornato all'attacco contro la pillola abortiva. L'Osservatore Romano aveva affrontato in mattinata il nodo della Ru486 riportando le preoccupazioni espresse dalla sottosegretario al Welfare Eugenia Roccella. «La decisione dell’Aifa a favore della commercializzazione - secondo il sottosegretario, non è scontata, alla luce delle 29 morti tra donne in vari Paesi del mondo causate dalla Ru486. Sulla sicurezza della pillola, dunque, "persistono molte ombre"», ha scritto il quotidiano vaticano. È stato poi monsignor Elio Sgreccia, presidente emerito della Pontificia Academia pro Vita, a spiegare che l'uso della pillola in questione comporta la scomunica per le donne che vi fanno ricorso così come per i medici che l’hanno prescritta perché la sua assunzione è analoga a tutti gli effetti dell’aborto chirurgico. «Dal punto di vista canonico è come un aborto chirurgico» sottolinea il vescovo. «L’assunzione della Ru486 equivale ad un aborto volontario con effetto sicuro, perché se non funziona il farmaco c’è l’obbligo di proseguire con l’aborto chirurgico. Non manca nulla. Cosa diversa è la pillola del giorno dopo, che, pur rivolta ad impedire la gravidanza, non interviene con certezza dopo che c’è stato il concepimento. Per la Ru486, quindi, c’è la scomunica per il medico, per la donna e per tutti coloro che spingono al suo utilizzo». «Rimango allibito dall'atteggiamento dell'Aifa (agenzia italiana per i farmaci)» ha anche detto Sgreccia e « spero - ha aggiunto - che ci sia un intervento da parte del governo e dei ministri competenti» perché la pillola abortiva RU486 «non è un farmaco, ma un veleno letale».

«L'AGGRAVANTE DEL RISCHIO PER LA MADRE» - La pillola«ha effetto abortivo, quindi valgono - prosegue Sgreccia - tutte le considerazioni che valgono quando si parla di aborto volontario. C’è, inoltre, un’aggravante che dovrebbe far riflettere anche chi appoggia la legalizzazione dell’aborto chirurgico, ed è il rischio per la madre. Più di venti donne sono morte per effetto della somministrazione di questa sostanza. Questo farmaco assume, quindi, la valenza del veleno. È una sostanza non a fine di salute, ma a fine di morte. Si va contro la regola fondamentale della vita della madre. Bisognerebbe, per questo motivo, sospendere tutto. Inoltre - prosegue il vescovo - si cerca di scaricare sulla donna sola la responsabilità della decisione. Si torna a una forma di privatizzazione dell’interruzione di gravidanza. All’inizio si è legalizzato l’aborto proprio per toglierlo dalla clandestinità, ora il medico se ne lava le mani e il peso di coscienza ricade sulla donna».

«SULL'AIFA PRESSIONI POLITICHE ED ECONOMICHE» - Sgreccia poi non ha dubbi sulle cause che spingono l’Aifa alla liberalizzazione del farmaco: si tratta, secondo il presule, di «pressioni politiche ed economiche».


30 luglio 2009(ultima modifica: 31 luglio 2009)

Corriere.it
ABORTO: FIORE (FN), PRONTI PER CAMPAGNA INFORMATIVA SU RISCHI RU486

(ASCA) - Roma, 30 lug - Nel caso la RU486 ricevesse il via libera dall'Aifa ''Forza Nuova preparera' una intensa campagna informativa sulle conseguenze del prodotto''. Ad annunciarlo Roberto Fiore, Segretario di Forza Nuova.

''Mentre il dibattito sulla pillola abortiva si fa sempre piu' intenso - prosegue Fiore - e aumentano di giorno in giorno i contrari, che ormai sono la maggioranza degli italiani, le grandi multinazionali farmaceutiche si compattano per far valere i loro immensi interessi economici sulla pelle delle donne e di tutti i cittadini. Tale pillola e' pericolosissima per la salute delle donne, oltre a inaugurare una nuova frontiera dell'assassinio disinvolto. Mi auguro che il Cda dell'Agenzia italiana del farmaco (Aifa) non approvi la legalizzazione della vendita della Ru486, anche se temo cedra' alle fortissime pressioni delle case produttrici''.



ROMA - Sarebbero almeno 29 i decessi registrati tra le donne in seguito all'utilizzo della pillola abortiva RU486 secondo dati forniti dall'azienda produttrice Exelgyn al ministero della Salute e quindi all'Agenzia italiana del farmaco (Aifa). Tale dato "non risulta però nei verbali del comitato tecnico scientifico dell'Aifa né dell'Autorità europea per i farmaci Emea". Lo ha confermato il sottosegretario alla Salute, Eugenia Roccella, durante la presentazione della relazione al Parlamento sull'attuazione della legge 194 per l'interruzione volontaria di gravidanza. Il dato relativo ai decessi collegati all'utilizzo della pillola RU486 in vari Paesi era circolato nelle scorse settimane pur essendo stato secretato dall'azienda per motivi di privacy.

Domani il Cda dell'Agenzia italiana del farmaco (Aifa) valuterà l'immissione in commercio in Italia della pillola abortiva RU486, ma il via libera non è scontato: "La valutazione dell'Aifa non è solo un passaggio burocratico". Lo ha affermato il sottosegretario al Welfare, Eugenia Roccella, durante l'illustrazione della relazione al Parlamento sull'attuazione della legge 194 sulle interruzioni volontarie di gravidanza. "Domani - ha detto Roccella - il Cda dell'Aifa avrà valutazioni da fare e non si tratta di un passaggio burocratico, anche se il via libera da parte del Comitato tecnico-scientifico dell'Aifa risulta già essere un atto fondamentale". Riferendosi quindi all'utilizzo della pillola RU486 nell'ambito di protocolli regionali da parte di alcuni istituti sanitari, Roccella ha reso noto il dato riportato nella relazione al Parlamento ed in base al quale nel 2007 "alcuni istituti hanno utilizzato tale approccio farmacologico per l'interruzione della gravidanza per un totale di 1.010 casi, pari allo 0,8% di tutte le interruzioni di gravidanza (ivg)". Attualmente, ha spiegato Roccella, dato che l'iter di autorizzazione all'immissione in commercio in Italia non risulta ancora concluso, per questa procedura abortiva non esistono rilevazioni sistematiche. I dati forniti da alcune Regioni, ha aggiunto, "indicano però una prassi di ricovero in day hospital, con una discrepanza rispetto all'uso consigliato per questo farmaco da due diversi pareri del Consiglio superiore di sanità, secondo i quali l'aborto con la RU486 deve essere completato all'interno della struttura ospedaliera".

Tutti i rischi ammessi da chi la produce
La notizia era trapelata alla fine di giugno: un dossier dettagliato sulla pillola abortiva era stato inviato al ministero della Salute dall'azienda produttrice della Ru486, la francese Exelgyn, e da questo «girato» per competenza all'Agenzia italiana del farmaco (Aifa) per una valutazione tecnico-scientifica.

E da quanto era stato rivelato da alcune agenzie di stampa, nel dossier per la prima volta si ammettevano 29 morti dall'uso della pillola abortiva, anche se non in tutti i casi l'utilizzo del farmaco era finalizzato all'interruzione di gravidanza, ma anche per un «uso compassionevole». Il che apre ancora più ampi dubbi sulla decisione del cda dell'Aifa. Infatti la massima trasparenza nella valutazione dei dati era stata invocata dal sottosegretario alla Salute Eugenia Roccella, per rispondere con criteri di oggettività scientifica ai dubbi che la pillola abortiva continua a sollevare. Ma evidentemente questo, alla fine, non è stato fatto.

Dell'azione della Ru486, Avvenire è stato tra i più assidui a parlare per pretendere che le notizie sulle morti e sugli eventi indesiderati fossero resi noti e analizzati per una valutazione il più possibile obiettiva del farmaco. Soprattutto dopo che un editoriale del «New England Journal of Medicine» di quattro anni or sono aveva rivelato che, pur nella differenza di numeri assoluti, la mortalità in seguito all'aborto medico (o chimico) è dieci volte più alta di quella per aborto chirurgico, a dispetto della «favola» che vuole far credere più facile e moderno il ricorso al farmaco per l'interruzione di gravidanza.

Il dossier dell'azienda produttrice, pur non ammettendo legami diretti tra l'assunzione della Ru486 e i decessi, comunica che non sono solo 16 (o 17 come già segnalato da Avvenire nei mesi scorsi) i casi di morte per l'uso del mifepristone, bensì 29 nel periodo compreso tra il 28 dicembre 1988 e il 28 febbraio 2009. Ai quali andrebbero però aggiunti due decessi avvenuti solo dopo l'assunzione del secondo farmaco (il misoprostolo) che però è indispensabile al completamento della procedura abortiva, ma che l'azienda produttrice non ha mai indicato per uso abortivo.

Non solo morti però, emergono tra gli effetti avversi. Il caso più grave – pubblicato su «Obstetrics and Gynecology» – è relativo a una donna alla quale, dopo un aborto chimico con la Ru486, è andata incontro a un'infezione da Streptococco che ha reso necessario amputarle la gamba sotto il ginocchio. Del resto molti dei casi di morte sono stati attribuiti all'azione di un raro batterio (Clostridium Sordelli), che si è presentato in misura straordinariamente frequente dopo l'uso del mifepristone.

Va ricordato che, per la sua azione sugli ormoni, il mifepristone è da tempo indicato per la cura del morbo di Cushing, ed è stato anche sperimentato (come testimoniato da pubblicazioni scientifiche) nella terapia antidepressiva. E che il secondo farmaco, il misoprostolo, è un antiulcera: la stessa casa produttrice lo ha sconsigliato per uso abortivo in tutto il mondo e in Italia dovrebbe essere utilizzato «off label».

http://www.avvenire.it/Cronaca/ru+rischi_200907310940103200000.htm


http://www.tradizione.biz/forum/viewtopic.php?p=180919#180919

La pillola abortiva divide gli imperiesi

La pillola abortiva divide gli imperiesi
01 agosto 2009 | Natalino Famà

Si accende anche in provincia il dibattito sull’uso della Ru486 per interrompere la gravidanza. L’Asl 1 attende istruzioni dalla Regione ed è cauta, la Diocesi ribadisce la sua condanna, le associazioni femminili difendono il diritto delle donne alla libera scelta
Un metodo ancora troppo recente che non ha completamente dimostrato l’assenza di rischi, eticamente molto criticato ed avversato da una parte, accolto con i favori della liberazione dallo stress e dai rischi di un intervento chirurgico, dall’altra. Anche la provincia di Imperia, medici compresi, al di là delle fedi politiche e delle credenze religiose, è divisa sulla Ru486, la pillola abortiva approvata l’altro ieri dall’Agenzia italiana del farmaco.


Il professore Franco Gorlero, primario del reparto di ginecologia e ostetricia dell’ospedale di Imperia, una divisione fiore all’occhiello della Asl, è tra i primi a porre innanzi a tutto una grande cautela a proposito del mifepristone, il principio attivo della pillola Ru486.

«In questo momento è decisamente prematuro esprimere anche un solo commento, un parere scientifico sulla somministrazione della Ru 486 - dice il professor Gorlero - Peraltro è necessario attendere quel che la Regione disporrà in merito alla diffusione e somministrazione del farmaco. Nessuno di noi conosce con esattezza tutte le risultanze della sperimentazione eseguita in Italia. Per cui, escludendo interpretazioni e decisioni che riguardano l’etica o quant’altro, ritengo che sia necessaria grande cautela, prudenza prima di esprimersi».

Proprio per la professionalità e l’alta qualità dell’assistenza, il reparto che Franco Gorlero dirige, qualora fosse comunque approvata la somministrazione, anche con l’opposizione rigida del Vaticano, è senza dubbio tra quelli che risultano attrezzati. La somministrazione della Ru486 infatti può avvenire soltanto presso le strutture ospedaliere e prevede un iter di assistenza non meno complesso dell’aborto chirurgico. Molto articolata ma netta nel suo rifiuto della Ru486 l’analisi che arriva, sul fronte della Chiesa, da don Luca Salomone, parroco alla cattedrale di Ventimiglia Alta, teologo moralista e dottorando in bioetica: «Innanzitutto è importante conoscere la tipologia farmaceutica e la funzionalità del prodotto che l’agenzia italiana del farmaco ha approvato dando il via libera dell’uso. La pillola Ru486 è un prodotto chimico a base di mifepristone, antiormonale che interrompe l’annidamento dell’embrione nell’utero e provoca l’aborto. Non fermandomi sulle controindicazioni e i danni alla salute che può apportare (vedere una adeguata bibliografia e letteratura medica), peraltro importanti, la problematica è certamente di carattere morale e la Chiesa cattolica ribadisce la sua posizione poichè si tratta chiaramente di attentato, o/ e se vi fosse stato un concepimento, un vero e proprio aborto». Continua don Salomone: «In effetti non è il mezzo che può alterare la leiceità di un atto che è già intrinsecamente un male (omicidio volontario di un essere umano innocente), non può renderlo buono solo perchè l’assunzione del farmaco non ha una visibilità di impatto emotivo come potrebbe avere una operazione chirurgica. Il cattolico che vive responsabilmente la propria fede, riconosce immediatamente la negatività dell’uso del prodotto insieme a tutto ciò che produce l’atto dell’aborto, diverso l’atteggiamento e il giudizio di chi non vive un cammino cristiano e che potrebbe vedere nel farmaco un metodo più sbrigativo e sicuro (ma non tutti la pensano così). La Chiesa cattolica conferma i credenti nella loro responsabilità nel favorire la vita sin dal concepimento e dunque ricorda la prassi canonica plurisecolare che ai cattolici consapevoli della pena medicinale (la scomunica) per chi procura l’aborto, essa verrà inflitta per ricondurli alla verità dalla quale si sono allontanati. In una società pluralista la Chiesa cattolica (e quindi anche quella porzione del popolo di Dio che è la Diocesi) vive con sofferenza questi attentati alla vita, e richiama con semplicità e attenzione ai più deboli ma con fermezza la strada indicata da Gesù Cristo».

Secondo don Lucio Fabbris, telogo imperiese molto seguito e amato dai giovani, «qui siamo sullo stesso piano dell’aborto: la Chiesa non potrà mai sostenere una pratica che consente la soppressione della vita. Un aborto, sotto qualsiasi forma venga compiuto, provoca sempre la distruzione di una vita umana. E la Chiesa, lo ripeto, difende la vita, in tutti i suoi aspetti… Prendere una pillola per impedire la nascita di una vita è esattamente come sopprimerla effettuando un intervento abortistico, non ci sono dubbi».



http://ilsecoloxix.ilsole24ore.com/p/imperia/2009/08/01/AMy2xNnC-imperiesi_pillola_abortiva.shtml



«La Chiesa non può mai assistere in maniera passiva a quanto avviene nella società»: lo sostiene monsignor Rino Fisichella, presidente della Pontificia Accademia della Vita, ribadendo, in un articolo pubblicato in prima pagina sull’Osservatore Romano, la condanna della pillola Ru486, la cosiddetta “pillola abortiva”, la cui commercializzazione ha avuto il via libera dall’Aifa, l’agenzia italiana del Farmaco.


È «una tecnica abortiva», ha aggiunto Fisichella, perché sopprime una «vita umana vera e piena»; fare ciò, ha scritto il monsignore, «è una responsabilità che nessuno può permettersi di assumere senza conoscerne a fondo le conseguenze».

Il ministro Meloni: brutto messaggio per le nuove generazioni
Parere negativo, sulla Ru486, anche di Giorgia Meloni, ministro della Gioventù: «Che brutta Italia, quella in cui si festeggia un nuovo, “rivoluzionario” metodo per sopprimere la vita. Ammesso che siano fugati i dubbi sulla pericolosità di questa pillola, e spero sia davvero così, altrimenti l’Aifa avrebbe delle responsabilità enormi sulle potenziali conseguenze per le donne italiane, resta la totale negatività del messaggio culturale ricompreso nella diffusione della Ru486».

«Continuiamo a preoccuparci politicamente e a speculare economicamente - ha aggiunto il ministro in un comunicato - su come impedire la vita nella maniera più redditizia, comoda e indolore possibile, piuttosto che occuparci seriamente di come favorirla. Non credo affatto che sia questo il testimone migliore di saggezza da lasciare in eredità alle giovani generazioni».

Margherita Boniver (Pdl): la si userà in day-hospital
Più prudente l’opinione di Margherita Boniver, collega di Pdl del ministro Meloni: «Il via libera dell’Aifa all’uso della Ru486 nella strutture ospedaliere italiane chiude una lunghissima fase di perplessità, che ha caratterizzato il dibattito politico nel nostro Paese. La pillola, che è un alternativa all’aborto chirurgico, viene usata in quasi tutti i Paesi europei dagli anni ‘80».

«Dopo la rassicurante informativa sull’ulteriore calo degli aborti in Italia, fornita al Parlamento pochi giorni fa, ci auguriamo che le obiezioni che provengono da autorevoli esponenti delle gerarchie ecclesiastiche non incidano più di tanto sull’alternativa all’interruzione della gravidanza chirurgica. Se aborto deve esserci, questo avvenga in casi rari, precoci, ma anche in piena sicurezza. La pillola non potrà essere venduta in farmacia, ma somministrata con le apposite garanzie in day-hospital e questo credo dovrebbe porre fine a molte polemiche».

Silvana Mura (Idv): ci mette al passo con l’Europa
Positivo, infine, il giudizio di Silvana Mura (Idv) e membro della commissione affari sociali: «Il via libera dell’Aifa ci mette finalmente al passo con il resto d’Europa. Le donne che si troveranno costrette a ricorrere all’interruzione di gravidanza ora potranno sceglie di avvalersi di una tecnica farmacologia sicuramente molto meno invasiva dell’intervento chirurgico».

«La decisione dell’Aifa - ha aggiunto la Mura - chiude un lungo iter di natura esclusivamente tecnica, che ha accertato che la pillola Ru486 può essere somministrata senza pericolo negli ospedali italiani. Le polemiche e le crociate che si stanno immediatamente scatenando non hanno ragione di esistere e si basano solo su motivazioni di natura politico-ideologica, ma soprattutto hanno molto poco a che vedere con i diritti di una donna che si trova a dover effettuare una scelta drammatica come quella di interrompere una gravidanza».



http://ilsecoloxix.ilsole24ore.com/p/italia/2009/07/31/AMc9zMnC-pillola_abortiva_italia.shtml

Ru486,Bagnasco:crepa nella civiltà

Ru486,Bagnasco:crepa nella civiltà
Aifa: "Punito ogni uso fuori dalla 194"
La pillola abortiva Ru486 è "una crepa nella nostra civiltà". Il presidente della Cei, Angelo Bagnasco, rinnova le critiche alla pillola abortiva che ha avuto il via libera dall'Agenzia del farmaco. In un'intervista ad Avvenire, Bagnasco critica la "cultura individualista" che ha portato all'adozione della pillola. Intanto il presidente dell'Aifa, Guido Rasi, rende noto che "ogni uso della pillola abortiva fuori dalla legge 194 sarà illegale".


Dopo il via libera tra le polemiche alla commercializzazione della pillola abortiva Ru486 anche in Italia, si apre un nuovo terreno di scontro: quello relativo alle modalità per l'utilizzo del farmaco. Un aspetto sul quale il sottosegretario al Welfare Eugenia Roccella ha voluto fare chiarezza: "Il trattamento in day hospital è escluso - ha detto - e bisognerà prevedere un ricovero di almeno 3 giorni".

Un chiarimento arriva al direttore generale dell'Aifa, Guido Rasi: "Ogni uso della pillola abortiva fuori dalla legge 194 sarà illegale", precisa, annunciando la disponibilità del farmaco da settembre.

Ma che la questione sia tutt'altro che risolta, lo dimostrano le dure prese di posizione che, a tre giorni dall'approvazione della pillola abortiva da parte dall'Agenzia italiana del farmaco (Aifa), arrivano dal quotidiano dei vescovi, Avvenire. "Ho provato tristezza, amarezza, preoccupazione. Questa decisione - dice il cardilale Bagnasco in un'intervista riportata in prima pagina - rappresenta una discesa di civiltà per il nostro Paese".

Secondo Bagnasco, "non si può dire che la civiltà cresca" nel momento in cui "la vita nella sua integra dignità non è riconosciuta, ma ulteriormente offesa". E a quanti sostengono che la Ru486 offre una possibilità di scelta in più per abortire, il capo della Cei replica che "il criterio della libera scelta è solo apparentemente buono, umano, rispettoso", mentre, "a ben vedere, il discorso della libertà di scegliere ciò che si preferisce afferma solo il diritto del più forte".

Il cardinale che guida la Cei fa poi notare che "la nuova modalità abortiva certamente aumenta una mentalità che sempre di più induce a considerare l'aborto come un anticoncezionale, cosa che la legge 194, nella sua prima parte, assolutamente esclude".

http://www.tgcom.mediaset.it/cronaca/articoli/articolo456731.shtml

Cosa dire quando si parla di aborto

Circolare n.142



RU 486

Cosa dire quando si parla di aborto



La recente decisione dell'Agenzia del Farmaco in merito alla RU486 (la pillola abortiva) richiede una "rinfrescata" in merito all'aborto e soprattutto a come rispondere relativamente a questo crimine, che frequentemente viene presentato e creduto come un'inevitabile "conquista civile". Tra i credenti coloro che si dichiarano antiabortisti (purtroppo non sono tutti!) spesso non sanno cosa dire ed eventualmente tenere una discussione su questo argomento per difendere i sacri princìpi della vita. I

ll Cammino dei Tre Sentieri offre -schematicamente- alcune "idee" da far circolare.

Tali parole sono state tratte da una precedente circolare (la n.85).






Una precisazione: alcune di queste obiezioni sono molto banali, ma sono quelle che più facilmente si sentono in giro.



1. Bisogna essere contro l’aborto, ma in alcuni casi non se ne può fare a meno.

Risposta: La vita umana o c’è o non c’è. Se non c’è, è inutile complicarsi l’esistenza: si potrebbe abortire sia se la motivazione è grave sia se è banale. Ma se la vita umana c’è, può un motivo, per quanto gravissimo, giustificare la soppressione di un essere umano innocente? Quale motivo può essere anteposto alla vita umana?



2. Quando si sa che il bambino dovrà soffrire, perché non impedirgli questa sofferenza?

Risposta: Prima di tutto chi può decidere se una vita umana è degna o non è degna di essere vissuta? Inoltre, chi stabilisce quale debba essere il criterio per stabilire l’entità della sofferenza? Per alcuni potrebbe essere un’entità grave, per altri un’entità oggettivamente meno grave, ma, soggettivamente, ugualmente grave. Per esempio, per chi ha un’idea corporeista ed atletica della vita già sapere che il proprio figlio può avere un braccio o una gamba più corta dell’altra può essere un motivo di grave sofferenza. Ma ci si rende conto che, secondo questo ragionamento, si ritorna all’antico concetto del pater familias dell’antica Roma? In quel tempo i bambini deformi (e molto spesso anche femminucce) dopo il parto venivano scaraventati a terra o esposti nelle pubbliche cloache dove morivano di stenti o divorati dai topi. Molti inorridiscono: poveri bambini! Ma dov’è la differenza con l’aborto moderno? I “poveri” antichi romani facevano (dopo) quello che non potevano fare prima. Se avessero avuto anche loro l’ecografia o l’amniocentesi…che ipocrisia! Si legittima l’aborto perché non si vede il bambino (ecco perché ha dato e dà tanto fastidio il documentario The silent scream del dottor Nathanson dove si vedono, ecograficamente, le reazioni del feto al momento dell’aborto), ma se si vedesse…Quando vi fanno questa obiezione, aprite la mano davanti al vostro interlocutore e ditegli: “Qui sulla mia mano c’è un feto vivente, schiaccialo se hai il coraggio!” Al 99 per cento non riuscirà a farlo…e cambierà discorso.



3. Ma se non ci fosse l’aborto legale, ci sarebbe quello clandestino, le donne abortirebbero ugualmente e, per giunta, rischiando di più.

Risposta: Cosa pensereste se qualcuno dicesse: “Dal momento che i rapinatori, facendo le rapine, rischiano la vita, sarebbe opportuno legalizzare le loro malefatte”? Un conto è non infierire penalmente su chi decide per l’aborto, altro è legalizzare questo crimine.



4. È giusto che la donna decida di diventare madre quando desidera di diventarlo.

Risposta: Ammesso e non concesso che sia così. “Non concesso”, perché sarebbe un discorso, questo, che ci porterebbe fuori argomento. Dicevamo: ammesso e non concesso che sia così, la donna non diventa madre quando partorisce, ma quando concepisce. La donna, dal concepimento, avverte dentro di sé che è cambiato tutto. Ci sono donne che non sopportano un determinato cibo, poi, dopo il concepimento, desiderano quel cibo (evidentemente l’embrione prima e il feto dopo danno degli impulsi per cui hanno bisogno di quelle sostanze nutritive); quindi, dopo il parto, i gusti ritornano come prima. Se, dunque, la mamma diventa mamma dal concepimento e non dal parto, allora si capisce bene perché la donna non può rinunciare ad essere mamma quando già lo è.



5. Ma non è un’ingiustizia nei confronti della donna costringerla a proseguire la gravidanza?

Risposta: Lo abbiamo appena detto: se si è già papà e mamma non si può rinunciare ad esserlo. Ma perché io e non altri? Rispondiamo facendo questo esempio. Sono su un’auto e sto percorrendo una strada deserta, una strada su cui passano automobili ogni mezz’ora. Sto andando ad un appuntamento importante, decisivo per il mio futuro lavorativo. Ad un tratto sul ciglio della strada vedo un uomo sanguinante che ha bisogno di essere trasportato urgentemente all’ospedale. Se vi fosse un’altra auto dietro di me, potrei chiedere la cortesia a qualcun altro di trasportare quel disgraziato. Ma, sapendo che non passeranno altre auto per tanti minuti, io (appuntamento o meno) dovrò caricare quel poveraccio e trasportarlo in ospedale. Se non lo facessi, sarebbe per me gravissimo. In quel momento io solo (e non altri!) ho la possibilità di salvare la vita a quell’uomo. Così è per la donna che è già mamma: solo da lei dipende la vita o la morte di quel bambino.



6. Nei casi di violenza carnale come è possibile pretendere che la donna si tenga un bambino che le possa ricordare continuamente il trauma subito?

Risposta: Indubbiamente la donna che subisce una violenza rimane fortemente traumatizzata. Ma –chiediamoci- è giusto ritorcere una violenza subita su chi non ha nessuna colpa, ovvero sul bambino concepito? Inoltre, la donna che ha subito una violenza già è fortemente traumatizzata e la cosa da evitare è proprio aggiungere trauma su trauma. La donna che abortisce, infatti, sa che ha la vita in sé e sa anche che, in ultima analisi, è stata lei a decidere. Questo (come documenta ormai una fornita letteratura scientifica che parla di “sindrome depressiva post-abortiva”) può aggravare, non alleviare, la sua già drammatica situazione psicologica.



7. Il feto non è uomo perché non ha nessuna possibilità di relazionarsi consapevolmente con l’ambiente.

Risposta: Anche il bambino appena nato non è capace di relazionarsi consapevolmente con l’ambiente. Lo stesso si deve dire per il demente e per il malato in coma. La consapevolezza è certamente una componente dell’essere uomo, ma non la componente. Se così fosse –lo ripetiamo- potremmo uccidere i bambini anche dopo nati, potremmo uccidere i dementi, i malati in coma. La logica è logica!



8. Il feto non è uomo perché non è ancora totalmente formato.

Risposta: Prima di tutto va detto che l’organogenesi (la formazione degli organi) si completa ad appena sessanta giorni dal concepimento, il che vuol dire quando la donna sa di essere in cinta da un mese o poco più. Piuttosto questo discorso potrebbe valere per l’embrione. Ma –ragioniamo- non è la crescita ciò che conferisce dignità umana. Se così fosse, dovremmo dire che un uomo alto due metri è più uomo di uno alto un metro e mezzo. Oppure che un adulto è più uomo di un bambino. Si potrebbe inoltre fare questo esempio: un milligrammo d’oro è ugualmente oro rispetto ad un quintale dello stesso metallo. La differenza è quantitativa, non qualitativa!



9. L’antiabortismo della Chiesa non è credibile, perché il suo essere contro gli anticoncezionali fa sì che molti decidano dopo ciò che potrebbero decidere prima.

Risposta: Falso. Statisticamente parlando, le zone d’Italia in cui è più diffusa la contraccezione sono anche quelle in cui è più diffusa la pratica abortiva. O tutt’al più non c’è significativa differenza. La contraccezione sottende una mentalità in cui l’uomo e la donna si arrogano il diritto di decidere categoricamente sulla vita. In questo caso: assolutamente no! E’ evidente che quando fallisce la tecnica contraccettiva (cosa che può succedere) si può passare all’aborto come “ultimo contraccettivo”.



10. La Chiesa non è credibile perché, se fosse davvero a favore della vita, approverebbe tutte le tecniche per favorire le nascite. Per esempio la fecondazione in vitro.

Risposta: Dire “voglio un figlio a tutti i costi” o dire “non lo voglio assolutamente” è la stessa cosa. Dinanzi al mistero della vita l’uomo può solo proporre, non disporre seconda una sua presunta volontà di potenza.



11. La legge 194/78 ha fatto diminuire il numero degli aborti, anche quelli clandestini.

Risposta: Sciocchezze! Prima di tutto gli aborti se sono clandestini vuol dire che non sono computabili. Seconda cosa: non è affatto vero che gli aborti sono diminuiti, se per aborti intendiamo anche quelli che avvengono con la cosiddetta “pillola del giorno dopo”, che, proprio perché è “del giorno dopo” non impedisce il concepimento ma l’annidamento del concepimento. Il che vuol dire che è abortiva.



Dunque, o siamo nel campo della stupidità o in quello del volontario accecamento dell’intelligenza. Attenzione: con questi giudizi non siamo duri. Ogni errante va sempre affidato alla misericordia di Dio, ma contro l’errore non è possibile alcuna mediazione e tentennamento. Ed è contro ogni errore (quindi anche contro l’errore dell’aborto) che si deve alzare la voce. Al Signore dovremo rendere conto di ogni nostro compromesso con il male…quindi anche con il terribile crimine dell’aborto.






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Per leggere, o eventualmente scaricare le circolari precedenti, si può andare al sito de Il Cammino dei Tre Sentieri (www.itresentieri.it).

Si informa inoltre che si può visitare il sito degli Studi apologetici Joseph oboedientissimus (www.studiapologeticijo.com), editrice legata al Cammino dei Tre Sentieri.

Romano: «Con la Ru486 aborto 10 volte più rischioso»

Romano: «Con la Ru486 aborto 10 volte più rischioso» / di Maria Lombardi

di Maria Lombardi
ROMA (1 agosto) - Contro la pillola abortiva c’è stato un attacco molto forte. Al di là dell’aspetto etico, quali sono le vostre critiche?
«Abbiamo delle serie perplessità sotto il profilo scientifico, procedurale, oltre che etico. Innanzitutto la pillola abortiva non può assolutamente essere considerata una semplificazione», spiega il professore Lucio Romano, ginecologo e copresidente dell’Associazione ”scienza e vita”.

Quali sono le perplessità scientifiche?
«In base ai dati di una vasta letteratura scientifica l’aborto chimico è 10 volte più rischioso di quello chirurgico, lo confermano anche recentissimi studi pubblicati su prestigiose riviste di settore. E’ stato evidenziato anche che c’è una difficoltà di monitorare le donne dopo l’assunzione del farmaco perché la maggior parte non si presenta ai controlli successivi. Senza contare poi che c’è una totale incompatibilità tra la pillola Ru486 e la legge sull’aborto».

In che cosa?
«L’articolo 8 della legge 194 prevede che l’interruzione di gravidanza avvenga all’interno dell’ospedale. E invece con la Ru486 accade che la donna, una volta assunto il farmaco, torni a casa e lì abortisca. Eppure ci sono due documenti del Consiglio superiore di Sanità, uno del marzo 2004 e un altro del dicembre 2005, che a proposito sono chiarissimi: l’aborto farmacologico ha una sicurezza equivalente a quello chirurgico solo a condizione che sia effettuato all’interno di un ospedale pubblico e che la donna resti ricoverata fino a interruzione di gravidanza avvenuta».

E invece cosa accade solitamente?
«Nella maggior parte dei casi, laddove la pillola è adottata, alla paziente viene somministrata la Ru 486 in day-hospital e poi l’espulsione dell’embrione avviene a casa a distanza di giorni. Nel 95-98% dei casi l’evento si verifica entro i 14 giorni. Impensabile che una paziente sia trattenuta in ospedale per un periodo così lungo. Ci dovranno essere dei protocolli che rendano la pillola abortiva compatibile con la legge 194. Comunque sia, con la Ru486 l’aborto è vissuto dalla paziente nella solitudine della sua casa, viene privatizzato e banalizzato. Si dimentica la complessità dell’evento, si trascurano le possibili reazioni emotive della donna che assiste all’espulsione. Inoltre l’aborto farmacologico va deciso entro il 49° giorno, non c’è tempo per ripensamenti».

Come vi opporrete alla decisione dell’Aifa?
«Ancora non lo sappiamo. Ci chiediamo però come mai non venga reso noto il parere del comitato scientifico dell’Aifa. Da quel che ne sappiamo nel corso del dibattito si è parlato molto della pericolosità della pillola».

http://www.ilmessaggero.it/articolo_app.php?id=20503&sez=HOME_INITALIA&npl=&desc_sez=

Cei, governo blocchi vendita Ru486

» 2009-08-01 11:31
Cei, governo blocchi vendita Ru486
Rasi (Aifa), avute pressioni ma nessun motivo per dire no
(ANSA) - ROMA, 1 AGO - Il presidente della commissione Cei per la famiglia, mons. Giuseppe Anfossi, auspica che il governo blocchi la vedita della pillola RU486. Ma al tempo stesso, afferma mons. Anfossi in un'intervista ''e' compito del governo investire in capillari campagne di prevenzione e informazione''. Dal canto suo il direttore dell'Agenzia del farmaco Guido Rasi dice:''abbiamo subito pressioni ma non c'era motivo per dire no'' e ''abbiamo disegnato le regole piu' restrittive d'Europa sull'uso del farmaco''.







http://www.ansa.it/site/notizie/awnplus/topnews/news/2009-08-01_101324312.html

La Chiesa insorge contro la pillola abortiva

La Chiesa insorge contro la pillola abortiva
"Garanzie sull'uso della Ru486"


Roma, 01-08-2009

Il Ministero del Welfare "si aspetta dall'Aifa indicazioni certe circa i modi di utilizzo del farmaco affinchè esso sia vincolato nella prassi al rispetto" dei profili della legge 194 sull'interruzione volontaria di gravidanza. Lo ha affermato il ministro del Welfare Maurizio Sacconi dopo il via libera dell'Agenzia italiana del farmaco alla commercializzazione in Italia della pillola abortiva Ru486.

"La Chiesa non può mai assistere in maniera passiva a quanto avviene nella società", ha detto mons. Rino Fisichella, presidente della Pontificia Accademia della Vita, ribadendo la condanna della pillola Ru486.

Chiesa: non subiremo
Dopo la decisione dell'Agenzia per il farmaco di dare il via libera in Italia alla pillola R486, le alte gerarchie vaticane intensificano la loro protesta, sapendo di avere davanti una campagna "difficile" e "faticosa". Da parte sua il quotidiano 'Avvenire' lancia una stoccata contro la responsabilità di alcune componenti politiche che non hanno fatto ciò che "potevano e dovevano".

Mons. Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la Vita, il dicastero della Santa Sede competente, avverte dalle colonne dell'Osservatore Romano che "la Chiesa non può mai assistere in maniera passiva a quanto avviene nella società".

E quello che sta avvenendo, a suo avviso, è la 'banalizzazione della vita', in nome di interessi di mercato che introducono un farmaco abortista, senza tenere conto degli aspetti etici, del messaggio alle giovani generazioni, e dei casi di morte dovuti alla sua assunzione. "Inutile tergiversare - afferma - la Ru486 è una tecnica abortiva perché tende a sopprimere l'embrione da poco annidato nell'utero della madre".

Pur non citando esplicitamente la parola "scomunica", l'esponente della Santa Sede (che è anche cappellano di Montecitorio) fa capire che chiunque prescriverà o utilizzerà la RU486 incorrerà nella punizione della Chiesa. Per l'aborto, a cui la pillola viene assimilata, è prevista infatti la scomunica 'latae sententiae': il 'peccatore' o la 'peccatrice' si ritrova automaticamente fuori della comunità, senza provvedimenti formali; vi può rientrare solo dopo un processo di sincero pentimento e di perdono.

Quanti faranno ricorso alla pillola Ru486 - avverte Fisichella - devono essere coscienti che "stanno compiendo un atto abortivo diretto e deliberato; devono sapere delle conseguenze canoniche a cui vanno incontro, ma soprattutto devono essere coscienti della gravità oggettiva del loro gesto".

Avvenire: nuovo scempio contro al vita umana
Il quotidiano della Cei "Avvenire", sul suo sito on line, parla di "un nuovo scempio contro la vita umana" e punta il dito: "se infatti una parte del governo si è battuta per non far entrare nei nostri ospedali pubblici e a spese dei contribuenti un farmaco che banalizza l'aborto trattandolo alla stregua di un malessere che passa con una pasticca, altre componenti non hanno fatto quello che dovevano e potevano", si legge nella rubrica 'Secondo noi' curata da Francesco Ognibene.

"Non possiamo chiudere gli occhi, soprattutto adesso che una volta ancora la vita viene oltraggiata ferendo un Paese che mostra nel suo profondo di volerla, invece, onorare e servire. No - è la conclusione del commento - l'Italia non si meritava la RU486". Nè può essere portato ad alibi - aggiunge mons. Elio Sgreccia, presidente emerito della Pontificia Accademia della Vita - il fatto che anche Roma doveva allinearsi con la normativa di altri 11 Paesi europei.

http://www.rainews24.rai.it/it/news.php?newsid=126701

«Ai medici dico: contro la pillola fate obiezione di coscienza»

il Giornale.it


articolo di sabato 01 agosto 2009

«Ai medici dico: contro la pillola fate obiezione di coscienza»
di Enza Cusmai

L’assessore lombardo Colozzi è l’unico dei 5 membri del Cda dell’Agenzia del farmaco ad aver votato contro la commercializzazione della Ru486: «Può essere pericolosa»
L’assessore Romano Colozzi, membro del Cda dell’Aifa e assessore alle Finanze della regione Lombardia, è già al lavoro a Milano dopo la maratona notturna romana che si è conclusa con il via libera alla pillola abortiva in Italia. Una scelta approvata a maggioranza dagli altri quattro consiglieri. Con il suo parere contrario.
Assessore Colozzi, è deluso da questa scelta?
«Pensavo ci fosse più condivisione, bisognava ragionare ancora un po’. Più che deluso mi è sembrata una forzatura chiudere così velocemente. Ci sono diversi nodi da risolvere».
Cominciamo dal nodo centrale.
«L’Aifa ha deciso che tutto il procedimento, dall’assunzione della prima pillola all’espulsione del feto, debba avvenire in ospedale entro la settima settimana di gravidanza. Regola che rischia di essere vanificata».
Perché?
«Nessuno può costringere una donna a rimanere in clinica salvo nel caso di malattia infettiva. Di conseguenza potrebbe assumere la prima pillola e poi tornare a casa ad abortire. Con parecchi rischi».
Quali per esempio?
«Innanzitutto le complicazioni mediche, le emorragie. Inoltre, il nostro comitato scientifico ci ha spiegato che nel caso di un ripensamento dopo l’assunzione della pillola abortiva, il feto può subire danni. Insomma nascerebbero bambini con gravi malformazioni».
Da qui la vostra richiesta di un controllo assiduo in ospedale.
«Assolutamente. Però mi domando se noi dell’Aifa abbiamo il potere di imporre delle regole certe. Insomma, credo che si debba fissare un protocollo molto severo e invito il ministero della Sanità a vegliare su questo fronte».
Viale ha già detto che un aborto entro la settima settimana si può fare anche a casa.
«La sua è una provocazione, ma questo rafforza la mia richiesta: servono regole certe a cui tutte le regioni devono attenersi».
La Lombardia ad esempio, come si comporterà?
«La pillola abortiva tra un paio di mesi sarà a disposizione in tutte le strutture ospedaliere pubbliche della regione. Però usarla non sarà un obbligo».
Si riferisce ai medici?
«Esattamente. Io credo che nella distribuzione della pillola debba prevalere un’obiezione di coscienza come in quella chirurgica. Nessun medico deve sentirsi costretto a procedere. Soprattutto perché l’aborto chimico potrebbe essere dannoso per chi lo sceglie».
Vuol dire che il farmaco non è sicuro?
«La Ru486 va abbinata ad altri due farmaci che provocano l’espulsione del feto. Il Cts ha consigliato il Misopristolo, però l’Aifa ha deciso che sarà utilizzato il Geneprost che invece può avere conseguenze maggiormente avverse».
Può causare danni alla salute?
«I tecnici lo sconsigliano ma non dicono perché. E così ho chiesto chiarimenti in sede di Cda. Ma mi è stato detto che il Misopristolo non si può usare perché è commercializzato per un altro scopo».
Allora, visto che un medicinale non si può usare, se ne sceglie un altro meno sicuro?
«Esatto. E questa fretta di approvare i farmaci mi ha sorpreso. Qui stiamo parlando di medicinali che possono avere degli effetti collaterali. Avrei aspettato a capirne di più prima di dire sì all’aborto chimico».
Il sottosegretario Roccella ha parlato di morti «sospette».
«E io ho chiesto chiarimenti anche su questo, ma mi hanno risposto che quelle segnalazioni non sono significative e che non aggiungono nulla all’istruttoria effettuata».
Non c’è un po’ di leggerezza dietro questo sì dell’Aifa?
«È sicuramente stata una decisione affrettata. Qualcuno ha detto che dovevamo mettere un punto fermo altrimenti la ditta produttrice della pillola avrebbe potuto chiedere la commercializzazione in farmacia in fascia C».
C’è il pericolo di un uso incontrollato della Ru486?
«La circolazione dei farmaci clandestini esiste eccome. E io temo che per molte donne l’aborto chimico possa diventare una pratica ordinaria. Si prende solo una pillola, come nel mal di testa, ma si elimina un bambino».

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Arriva la pillola Ru486, è polemica

31/7/2009 (15:19) - ABORTO
Arriva la pillola Ru486, è polemica





Dopo il sì Aifa si accende il dibattito
ROMA
La pillola abortiva Ru486 arriva in Italia e le polemiche divampano. «È assolutamente inconcepibile definire farmaco un prodotto che ha come unico effetto la soppressione di un altro essere vivente diverso da chi assume il farmaco stesso»: Romano Colozzi, esponente del Cda dell’Aifa e assessore alle Finanze della Lombardia spiega il suo no (l’unico su quattro voti positivi) al via libera al commercio della Ru486 in Italia. E rincara: «Il mio no convinto è stato determinato soprattutto dalla consapevolezza che questo nuovo strumento abortivo, messo a disposizione dal nostro sistema sanitario, darà meno garanzie e procurerà più danni alle donne che ne faranno uso rispetto all’intervento chirurgico, già traumatico di per sè».

Dopo una riunione fiume durata quattro ore, l’Agenzia italiana del farmaco ha dato quindi nella notte la sua approvazione: la pillola abortiva arriva in Italia (al momento l’unico Paese Ue nel quale non è in commercio è l’Irlanda), potrà essere utilizzata solo in ambito ospedaliero, così come la legge 194 prevede nelle interruzioni volontarie di gravidanza. Inoltre il farmaco dovrà essere somministrato entro la settima settimana. Sul commercio della discussa pillola, prima del giudizio dell’Aifa, era intervenuto il Vaticano con monsignor Elio Sgreccia che aveva ieri annunciato la scomunica per le donne che ne avrebbero fatto ricorso e per i medici che l’avrebbero prescritta. Il fronte politico è diviso. Gabriella Carlucci, parlamentare del Pdl parla di una legalizzazione dell’«aborto fai da te», e accusa la sinistra di aver portato avanti «una campagna ideologica e relativista» che ha «condizionato» l’Aifa. Il via libera dell’Agenzia del farmaco mette l’Italia «finalmente al passo con l’Europa», afferma Silvana Mura, deputata di Idv. «Le donne che si troveranno costrette a ricorrere all’interruzione di gravidanza ora - sottolinea - potranno sceglie di avvalersi di una tecnica farmacologia sicuramente molto meno invasiva dell’intervento chirurgico». Conciliante Fabrizio Cicchitto, presidente dei deputati del Pdl,che si dice fiducioso «di ciò che ha deciso l’Agenzia del farmaco sulla Ru486» ma considera «del tutto legittima l’obiezione di fondo della Chiesa».

Posizioni diverse anche all’interno del governo con il ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo che si dice d’accordo all’introduzione della Ru486 mentre è contraria il ministro della Gioventù Giorgia Meloni che sottolinea la «totale negatività del messaggio culturale ricompreso nella diffusione» del farmaco. Duro il commento di Luca Volontè che precisa: «Con la commercializzazione della pillola assassina trionfa la cultura della morte».

http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/cronache/200907articoli/46028girata.asp

Ok dell’Agenzia del farmaco: la Ru486 arriva in Italia

ilGiornale.it


articolo di venerdì 31 luglio 2009

Ok dell’Agenzia del farmaco: la Ru486 arriva in Italia
di Enza Cusmai

Nella notte il via libera alla commercializzazione. La decisione con un solo voto contrario. Entro due mesi sarà disponibile in tutti gli ospedali
Il tira e molla è finito a tarda sera. Poi, la decisione di dare il via libera alla registrazione della pillola abortiva anche in Italia e dunque alla sua commercializzazione su larga scala. Tra due mesi al massimo, ogni donna potrà liberamente abortire usando la via farmacologica e non quella chirurgica. Senza alcun limite.
La decisione di aprire le porte ad un nuovo modo di interrompere la gravidanza, apparentemente più soft ma per molti esperti più dolorosa e rischiosa, è stata a lungo discussa e contestata all’interno dell’Agenzia italiana del farmaco che per la prima volta ha votato a maggioranza e non all’unanimità. I sì sono stati, a quanto risulta, quattro su cinque. Sono loro che hanno deciso di aprire le frontiere alla pillola abortiva in Italia nonostante le drastiche critiche del Vaticano e la strenua opposizione di gran parte del governo. Fino ad ora, infatti, l'utilizzo della Ru486 era estremamente limitata. Veniva utilizzata soltanto negli ospedali in cui è ammessa la sperimentazione oppure su richiesta delle donne interessate ad ottenere questo tipo di aborto farmacologico. In questo caso, però, l’ospedale doveva inoltrare richiesta formale e ottenere il medicinale attraverso la farmacia interna. Ora i tempi si accorceranno sensibilmente. E la pillola sarà disponibile in ogni azienda ospedaliera e le attese per ricevere il farmaco si abbatteranno sensibilmente.
Restano, in ogni caso, irrisolti tutti i nodi sollevati da più parti sulla validità della pillola abortiva. E sui rischi per la salute della donna. «Personalmente sono molto perplessa sull’utilizzo della pillola abortiva Ru486, ha affermato il sottosegretario alla Salute, Eugenia Roccella. Dall’88 sarebbero 29 le morti tra donne in vari paesi a causa sua, ma il dato non è nei verbali del Comitato tecnico dell'Aifa». Picchia duro anche Luca Volontè dell’Udc, che definisce la Ru486 «pillola assassina» nonostante la sua registrazione ufficiale nell’elenco dei farmaci e invita l'Aifa a pubblicare il dossier sulle conseguenze che può provocare. Ma le accuse di chi non vuole la pillola in Italia non sembra abbiano turbato più di tanto l'Agenzia italiana per il farmaco. «Non ci faremo condizionare e prenderemo le nostre decisioni» aveva detto Guido Rasi, direttore generale dell'Aifa. «Ognuno è libero di dire ciò che vuole - ha aggiunto Rasi - noi siamo tecnici e prenderemo la decisione giusta». E la decisione è stata comunque presa. Ora si tratta di regolamentare al meglio l’uso di questa pillola. Fino ad ora, infatti, ogni regione si è mossa per conto proprio. Ad esempio l’Emilia Romagna prevede tre giorni di ricovero in day hospital, ma due pareri del Consiglio superiore di sanità dicono che c’è parità di rischio tra aborto farmacologico e chirurgico solo se l'aborto farmacologico viene completato in ospedale. Inoltre ci sono molte donne che assumono la pillola in ospedale e poi firmano per tornarsene a casa. Rischiando emorragie e complicazioni che un aborto chirurgico non aveva mai provocato.

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Ecco il volto di San Paolo: scoperta a Roma la più antica icona dell'apostolo delle genti


Meraviglia per la sua suggestiva espressione
Ecco il volto di San Paolo: scoperta a Roma la più antica icona dell'apostolo delle genti

ultimo aggiornamento: 27 giugno, ore 17:09
Città del Vaticano - (Adnkronos) - Durante i restauri nelle catacombe romane di Santa Tecla il laser ha messo in luce il volto severo e ben riconoscibile di Paolo di Tarso, circondato da uno sfavillante clipeo giallo oro su rosso vivo

Città del Vaticano, 27 giu. - (Adnkronos) - E' stata scoperta nelle catacombe di Santa Tecla sulla via Ostiense a Roma la più antica immagine di San Paolo. A rilevare la clamorosa scoperta archeologica avvenuta solo qualche giorno fa è l'Osservatore romano di oggi, che spiega come il ritrovamento sia avvenuto il 19 giugno durante i restauri nelle catacombe romane di Santa Tecla coordinati dalla Pontificia Commissione di Archeologia Sacra.


''Mentre si procede a un lento e accurato restauro della decorazione pittorica di un cubicolo delle catacombe romane di Santa Tecla sulla via Ostiense - si legge nel servizio del quotidiano vaticano - una sensazionale scoperta impressiona gli archeologi che seguono il lavoro da più di un anno. Nella mattinata il laser mette in luce il volto severo e ben riconoscibile di san Paolo, tra i più antichi e i più definiti che ci abbia consegnato la civiltà figurativa dell'antichità cristiana. Anzi, per le sue caratteristiche può essere considerato la più antica icona dell'apostolo finora conosciuta''.

''Il volto - spiega il quotidiano della Santa Sede - circondato da uno sfavillante clipeo giallo oro su rosso vivo, emoziona per il suo graffiante espressionismo e appare come un'icona forte ed eloquente dell'Apostolo delle genti, un volto d'epoca, che ci accompagna verso quella missione che la Chiesa di Roma, tra il IV e il V secolo, affida alla figura di Paolo nella conversione al cristianesimo degli ultimi pagani''.

Quindi l'Osservatore racconta: ''Altre immagini di san Paolo erano note nelle catacombe e nei sarcofagi romani, ma il busto appena scoperto meraviglia per la sua suggestiva espressione e ha lasciato senza fiato i restauratori, che hanno interrotto subito il loro lavoro, come intimiditi da quello sguardo antichissimo, da quella fisionomia che spuntando dall'oscurità della catacomba emoziona e folgora chi la contempla.

Il giorno della scoperta, nonostante l'avvicinarsi del fine settimana, i responsabili della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra sono accorsi immediatamente presso il sito archeologico e hanno potuto verificare la straordinaria importanza della scoperta. Per questo, anche se il restauro è in corso, hanno deciso di anticipare la notizia del rinvenimento''.

''In questi giorni - si legge ancora - i restauratori hanno continuato il loro lavoro e hanno meglio evidenziato i tratti del busto dell'apostolo, ma hanno anche effettuato altre importantissime scoperte. E altre se ne prevedono per le prossime ore e per i mesi a venire''.

''Il tondo di Paolo, infatti - afferma il quotidiano vaticano - si colloca nella volta del cubicolo, dove attorno al clipeo campito del Cristo Buon Pastore sono sistemati quattro altri tondi che accolgono, a loro volta, i busti di quattro personaggi. Tra questi sono ben riconoscibili quelli relativi a Paolo, appena scoperto, e a Pietro, riapparso proprio in queste ultime ore, mentre gli altri due, pur caratterizzati nell'età e nella fisionomia, potrebbero riferirsi ad altrettanti apostoli, ovvero a due santi intercessori o, infine, a due defunti''.

Tuttavia ''il volto piè espressivo ed emozionante è sicuramente quello di Paolo, situato nel tondo posto a sinistra, rispetto all'ingresso. Dal momento che l'imago clipeata rappresenta una raffigurazione devozionale scelta dalla famiglia dei defunti per proteggere il loro cubicolo, il busto di Paolo può essere considerato la piu' antica icona dell'apostolo finora rinvenuta, nel senso che dal livello evocativo si passa a quello del culto''.

''Non dimentichiamo - prosegue il testo - che a poche centinaia di metri si innalzava la celebre basilica dedicata nello scorcio del IV secolo all'Apostolo delle genti dagli imperatori Valentiniano II, Teodosio e Arcadio, costruita sulla memoria apostolica, gia' monumentalizzata nel 324 da Papa Silvestro e voluta da Costantino''.
http://www.adnkronos.com/IGN/News/Cronaca/?id=3.0.3477991449

Svizzera: controllare assistenza al suicidio

Svizzera: controllare assistenza al suicidio
18 giugno 2009 - (ve/agenzie) La Federazione delle chiese evangeliche in Svizzera (Fces) accoglie in modo favorevole l’intenzione del Consiglio federale di regolamentare l’assistenza al suicidio organizzata. Di fronte agli eccessi registrati nell’attività delle organizzazioni che offrono un servizio di assistenza al suicidio in Svizzera – attività sempre più spudoratamente a carattere commerciale – è necessario correre ai ripari, afferma la Fces, e stabilire dei chiari paletti legislativi.
Mercoledì 17 giugno il Consiglio federale si è soffermato sulla questione dell’iscrizione, nella legge, di un dovere di diligenza nel campo dell’assistenza al suicidio e dell’eventualità di proibire l’attività delle organizzazioni di assistenza al suicidio. La Federazione protestante ha fatto sapere di voler dedicare particolare attenzione a questa materia quando le due proposte saranno sottoposte alla procedura di consultazione.
La Federazione non ritiene necessario vietare ogni forma di assistenza al suicidio, ma afferma la necessità di regolamentare l’assistenza al suicidio in quanto servizio organizzato e attività commerciale. La Federazione approva l’intenzione di stabilire delle norme severe in materia di assistenza al suicidio e intende nel contempo continuare a promuovere lo sviluppo di una rete capillare di cure palliative.




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La Rosa Bianca nel deserto

MARTIRI CRISTIANI ANCORA OGGI
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La Rosa Bianca nel deserto
Inserita il 24/6/2009 alle 19:51 nella categoria: Rassegna Stampa



Una fotografia le mostra sorridenti mentre hanno in braccio alcuni bambini del Malawi. Le immagini di Rita e Anita pubblicate dai giornali tedeschi ci consegnano due ragazze gioiose, determinate, compassionevoli, forti, fiere. Ma inconsapevoli, forse, del grande pericolo che le sovrastava durante l’attività medica e missionaria che svolgevano nello Yemen. Anita Gruenwald e Rita Stumpp, cugine entrambe di ventisei anni, sono le due ragazze tedesche trucidate la scorsa settimana e di cui ora si comincia a sapere qualcosa.

Alla base del sequestro di nove stranieri, di cui sette tedeschi, avvenuto nello Yemen, c’è una vendetta contro le attività missionarie del gruppo. Lo ha rivelato il settimanale tedesco Der Spiegel. L’unità di crisi di Berlino suppone che i tedeschi – Anita Gruenwald e Rita Stumpp più una famiglia il cui destino è ancora incerto, composta da Johannes H., da sua moglie Sabine e dai loro tre figli piccoli, Lydia, Anna e Simon – fossero noti sul posto come “missionari”. Quanto basta per farne degli obiettivi degli islamisti. Pochi mesi fa alcuni musulmani avrebbero minacciato Johannes dopo che questi aveva incontrato in una sala da tè un musulmano e l’aveva invitato a leggere la Bibbia. L’episodio sarebbe stato raccontato dallo stesso tecnico tedesco in una lettera agli amici. Johannes e sua moglie Sabine sarebbero andati nello Yemen con l’aiuto di un’organizzazione evangelica tedesca che ha come compito “l’evangelizzazione dei popoli del mondo non ancora raggiunti”. Si tratta della Global Mission for Christ, con sede a Eppstein e che fa parte della German Evangelical Missions Association.

Tra gli oggetti lasciati da Anita e Rita, studentesse di un corso di teologia che stavano effettuando un tirocinio in un ospedale yemenita, ci sarebbero i loro scritti missionari. Gli ex compagni di studi le ricordano così: “Erano due ragazze pazze, coraggiose, piene di humour, sobrie. Siamo tutti scioccati”. Erano cresciute con le storie di grande abnegazione di cui è pieno il protestantesimo evangelico. Come Richard Wurmbrand, il fondatore dell’organizzazione evangelica “Voice of the martyrs” che esportava bibbie nell’Europa orientale negli anni Quaranta e che venne imprigionato per quattordici anni dal governo romeno. Predicò nei rifugi antiaerei e stampò un milione di copie dei Vangeli in russo organizzandone la distribuzione clandestina tra le truppe d’occupazione sovietiche. Rita e Anita erano cresciute con il mito del pastore Paul Schneider, assassinato a Buchenwald dai nazisti. I compagni di prigionia lo sentirono recitare un Salmo mentre la Gestapo lo bastonava a morte.

Stando agli inquirenti arrivati da Berlino, mentre tornavano da un incontro con un medico nei pressi di Saada i sei tedeschi, un cittadino britannico e una maestra sudcoreana, sono stati bloccati da uomini armati a bordo di una Suzuki Vitara nera. Hanno giustiziato le due ragazze e la sudcoreana con colpi di pistola alla testa. Volevano sbarazzarsi di quelle due orgogliose cristiane dalla pelle bianca. Dietro alla loro uccisione ci sarebbero ex combattenti rinchiusi a Guantanamo e liberati dagli americani. Tra cui Said Ali al Shihri, il saudita liberato dalla base cubana nel novembre 2007 perché considerato “non più pericoloso” e oggi vicecomandante di al Qaida nello Yemen. Alla commissione americana che doveva giudicarlo, al Shihri ha detto che una volta fuori si sarebbe ricongiunto ai suoi cari a Riad, capitale dell’Arabia Saudita, e avrebbe tentato di lavorare nel negozio di mobili di famiglia.

Battiste di una congregazione in maggioranza composta da russi emigrati in Germania, Rita e Anita studiavano teologia alla Brake Bible School, un college cristiano-evangelico. Oggi sul loro sito internet campeggia una citazione dalle lettere di Giovanni: “Noi amiamo, perché egli ci ha amati per primo”. La scuola sorge a Lemgo, è composta da due edifici ultra moderni e da una cappella immersa nel verde germanico. Le due ragazze si trovavano nella penisola araba in qualità di tirocinanti, come richiesto dal programma di formazione. Il loro desiderio, ci dicono dall’istituto tedesco, era quello di “lavorare con i poveri”. Le aveva reclutate Worldwide Services, un’associazione olandese che aveva offerto loro un posto nell’ospedale al Jumhuri di Sanaa. La loro scuola, dove insegnano anche molti reverendi americani, è stata fondata oltre cinquant’anni fa ed è conosciuta come il “Moody Bible Institute della Germania”, dal nome del famoso evangelista statunitense.

E’ forte la polemica in Germania sulla decisione della scuola di inviare in Yemen le due volontarie Rita e Anita. A sollevare l’accusa di “irresponsabilità” è l’ex sottosegretario Jürgen Chroborg, rapito da turista con la famiglia a Natale 2005 in Yemen e rilasciato tre giorni dopo insieme a moglie e figli. Riferendosi all’impegno religioso delle due giovani studentesse, Chroborg ha detto che “si può svolgere il proprio compito di cristiani anche in paesi nei quali il pericolo non è così grande. Considero davvero molto difficile da accettare sul piano della responsabilità il fatto di inviare gente in quel paese”. I responsabili della scuola biblica rispondono che le due ragazze “sapevano che poteva essere pericoloso, ma si trattava di due ragazze sveglie con i piedi in terra, per questo non ci siamo preoccupati, quando hanno deciso di partire”.

Il padre di Rita, Albert Stumpp, chiama “bestie” gli assassini yemeniti e parla della figlia come di “un angelo”, “conosceva i rischi dell’internato in Yemen ma era determinata a lavorare con i poveri”. Lo Yemen è, infatti, il paese arabo più povero. La loro fede, dice Albert, non sarà scalfita dalla perdita della figlia. “Dio ci ha dato tanto, con il suo aiuto porteremo anche questa tragedia”. Secondo il giornale Yemen Times, l’imam di Saada Hafith al Baani avrebbe tenuto poche ore prima del sequestro un sermone estremista nei confronti degli stranieri. Avrebbe incitato i fedeli all’odio contro i cristiani stranieri che operano in quell’area, perché a suo dire sarebbero “agenti dei servizi segreti stranieri giunti nel paese per diffondere il cristianesimo. Queste organizzazioni diffondono copie del Vangelo e libri cristiani tra i cittadini di Saada, città che soffre per una guerra che dura da anni”. A marzo una lettera di al Qaida aveva avvisato i tedeschi: “Vi avvertiamo, infedeli. State attenti!”. Firmato la spada di “Abu Musab”, alias Abu Musab al Zarqawi, il decapitatore giordano che ha terrorizzato l’Iraq. La Frankfurter Allgemeine Zeitung ricorda che nel 2002 un fondamentalista islamico aveva ucciso sempre nello Yemen quattro americani di un ospedale battista.

Anche la vittima sudcoreana, Eom Young Sun, faceva parte della Worldwide Evangelization for Christ, un’organizzazione inglese cristiana presente in molti paesi islamici da quando venne fondata nel 1918. Nel suo blog prima di partire per lo Yemen, Eom aveva scritto: “Quando finirò il mio training, voglio insegnare ai bambini in Turchia”. La sua ultima e-mail risale a pochi giorni prima del sequestro. Raccomandava agli amici un libro sull’ebraismo. “Ho realizzato molte cose sulla fede degli ebrei e il nostro Dio”. Albert aveva sentito la figlia Rita il giorno prima del rapimento. “Era molto felice di aiutare altri esseri umani”. La scuola piange le due ragazze come “modelli dell’amore di Dio e dell’uomo”. C’è chi le paragona a un’altra ragazza di confessione evangelica, Sophie Scholl. Sessant’anni fa si oppose a un’altra tirannia e pagò con la vita. Era la Rosa Bianca.

di: Giulio Meotti
da: Il Foglio (www.ilfoglio.it/soloqui/2701)
data: 24/6/2009



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