mercoledì 29 aprile 2009

TERRMOTO E FEDE




DOVE ERA DIO DURANTE IL TERRMOTO ?
Ho sentito dire che qualcuno si è chiesto dove era Dio durante il terremoto dell’Aquila.

Addirittura sembra che qualcuno abbia perso la fede a causa di questo cataclisma.

Io mi chiedo: c’era veramente una fede radicata in coloro che hanno perso la loro fede a causa del terremoto dell’Aquila? Era gente ben formata nella fede, questa? …..la risposta diretta che mi viene è la seguente: normalmente chi perde la fede a causa della sofferenza non aveva una fede veramente profonda.

La fede non è sentimento, stiamo bene attenti, la fede è intelligenza e volontà; la fede non si nutre di comodità o di benessere, si nutre di preghiera, di meditazione della Passione, di digiuno, di umiltà, di Sacramenti degnamente ricevuti……

La fede nasce e cresce all’ombra della Croce e della Risurrezione ….la fede sa che Dio non voleva la morte per l’uomo, la morte è stata causata da noi uomini, con il peccato, ….la fede sa che Dio non voleva la sofferenza, la sofferenza è stata causata dal peccato …..la fede sa che il più grande dono che Dio ci fa è la Croce ………la fede sa che l’Amore di Dio sta nel fatto che Lui ci vuole donare una eternità beata, dopo la morte ….la fede sa che la morte non è il momento più brutto della vita ma il più bello ….

Allora…che fede era quella di coloro che sono diventati increduli dopo il terremoto dell’Aquila? ….Io temo che quella, nella grandissima maggioranza dei casi, era una parvenza di fede ….era una fede umanizzata e paralizzata, era una fede distorta, che non ha saputo leggere rettamente gli eventi. Invece di prendersela con sé stessi e con il peccato, convertendosi, queste persone se la sono presa con Dio…… Sono caduti molto stoltamente nella trappola di satana che, come sapete, tende a rovesciare radicalmente la realtà per farci pensare che essa sia il contrario di ciò che realmente è……

Stiamo dunque bene attenti quando incontriamo persone che dicono di credere, verifichiamo bene che la loro fede sia reale e non un sentimento vago. Se verifichiamo che la loro fede è un sentimento avvertiamoli, svegliamoli, scuotiamoli, illuiminamoli prima che sia troppo tardi.

Dove era Dio durante il terremoto? Era nel cuore della gente per sostenerla, era negli eventi, per mettere noi uomini alla prova, era nei buoni che hanno rischiato per aiutare gli altri …..Dio era ed è più reale e più presente di tutto ….. La vera domanda da porsi è: dove erano e dove sono le menti e i cuori degli uomini ? …..la risposta pare che debba essere la seguente: i cuori degli uomini, in gran parte, erano e sono nel nulla del peccato, perciò arrivavano e arrivano a chiedersi dove era Dio durante il terremoto …..Solo una mente ottenebrata può chiedersi dove sia Colui che è, dovunque, super presente ….



E poi, carissimi, rendiamoci sempre bene conto che il silenzio di Dio non esiste ……esiste invece la durezza dell’uomo e la sua sordità alle parole e alle verità che Dio continuamente insegna attraverso la sua Chiesa……Dio parla continuamente attraverso il vangelo, attraverso i buoni sacerdoti, vescovi etc. …Dio parla attraverso il Papa ……se gli uomini non vogliono ascoltare abbiano almeno l’onestà di dire che sono loro stessi, con la loro sordità, la causa dei loro mali……





Perché Dio non ascolta le mie preghiere?



Risposta: Dio “obbedisce” a chi gli obbedisce; la Madonna ha obbedito pienamente a Dio e perciò è Mediatrice di tutte le grazie ….





…..e tu? …..è chiaro che se continui a disobbedirgli, Lo invocherai ma Lui non ti risponderà ……….



Qualche idea per farti arrivare alla perfetta obbedinza ….



perché non ti trovi un confessore stabile e un direttore spirituale che possano guidarti e a cui tu puoi obbedire? I santi sono diventati tali anche attraverso l’umile obbedienza al direttore spirituale ….



…..

Considera che Dio ascolta soprattutto le preghiere degli umili ….e la vita di umiltà consiste in ciò che dico qui di seguito ….





§. I. PRATICA DELL'UMILTÀ



Chi non è umile, non può piacere a Dio, il quale non può soffrire i superbi. Egli ha promesso di esaudir chi lo prega, ma se lo prega un superbo, il Signore non l'esaudisce; agli umili all'incontro diffonde le sue grazie: "Deus superbis resistit, humilibus autem dat gratiam" (Iac. 4. 6). L'umiltà si distingue in umiltà d'"affetto" ed umiltà di "volontà". L'umiltà d'affetto consiste nel tenerci noi per quelli miseri che siamo, che niente sappiamo e niente possiamo, se non far male. Quanto abbiamo e facciamo di bene, tutto viene da Dio. Veniamo alla pratica. In quanto all'umiltà d'affetto dunque, per I. non mettiamo mai confidenza alle nostre forze ed a'1 nostri propositi; ma diffidiamo e temiamo sempre di noi. "Cum metu, et tremore vestram salutem operamini" (Phil. 12).2 Dicea S. Filippo Neri:3 "Chi non teme, è caduto". Per 2. non ci gloriamo mai delle cose nostre, come de' nostri talenti, delle nostre azioni, della nostra nascita, de' nostri parenti e simili. Perciò è bene che non parliamo mai dell'opere

nostre, se non per dire i nostri difetti. Ed il meglio è non parlar mai di noi, né di bene, né di male: perché anche nel dirne male, sorge spesso in noi la vanagloria d'esser lodati, o almeno d'esser tenuti per umili, sicché l'umiltà si riduce a superbia.



Per 3. non ci sdegniamo con noi stessi dopo il difetto. Ciò non è umiltà, ma superbia, ed è anche arte del demonio per farci diffidar


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in tutto e lasciar la buona vita. Quando ci vediamo caduti, diciamo come dicea S. Caterina da Genova:4 "Signore, questi sono i frutti dell'orto mio". Allora umiliamoci e subito rialziamoci dal difetto commesso con un atto d'amore e di dolore, proponendo di più non ricadervi e confidando nell'aiuto di Dio. E se per disgrazia ritorniamo a cadervi, sempre facciamo così. Per 4. vedendo le cadute degli altri, non ce ne ammiriamo; ma compatiamoli e ringraziamo Dio, pregandolo a tenerci le mani sopra; altrimenti il Signore ci punirà con permettere che cadiamo negli stessi peccati e forse peggiori di quelli. Per 5. stimiamoci sempre i maggiori peccatori del mondo; e ciò quantunque sapessimo che altri abbiano più peccati de' nostri; poiché le nostre colpe commesse dopo tanti lumi e grazie divine peseranno più avanti a Dio, che le colpe degli altri, benché in maggior numero. Scrive S. Teresa:5 "Non credere d'aver fatto profitto nella perfezione, se non ti tieni per lo peggiore di tutti, e non desideri d'esser posposto a tutti".



L'umiltà poi di "volontà" consiste nel compiacerci d'essere disprezzati dagli altri. Chi si ha meritato l'inferno, merita d'essere calpestato da' demonii per sempre. Gesu-Cristo vuole che impariamo da lui ad essere mansueti ed umili

di cuore: "Discite a me, quia mitis sum, et humilis corde" (Matth. 11. 29). Molti sono umili di bocca, ma non di cuore. Dicono: "Io sono il peggiore di tutti: merito mille inferni". Ma poi se uno li riprende, o lor dice una parola che non piace, si voltano con superbia. Questi fanno come i ricci,6 che subito che son


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toccati, si fanno tutti spine. Ma come? voi dite che siete il peggiore di tutti e poi non potete soffrire una parola? Il vero umile, dice S. Bernardo,7 si stima vile e vuol essere riputato vile anche dagli altri.



Per I. dunque, se volete esser vero umile, quando ricevete qualche ammonizione, ricevetela con pace e ringraziate chi v'ammonisce.8 Dice il Grisostomo9 che il giusto, quando è corretto, si duole dell'errore commesso; ma il superbo si duole che sia conosciuto l'errore. I santi anche quando son incolpati a torto, non si difendono, se non quando la difesa è necessaria per evitare lo scandalo degli altri, altrimenti tacciono e tutto offeriscono a Dio.



Per 2. allorché ricevete qualche affronto, soffritelo con pazienza ed accrescete l'amore a chi vi disprezza. Questa è la pietra paragone per conoscere, se una persona è umile e santa. Se ella si risente, ancorché facesse miracoli, dite ch'è canna vacante. Dicea il Padre Baldassarre Alvarez10 che il tempo delle umiliazioni è tempo di guadagnare tesori di meriti. Guadagnerete più in ricever con pace un disprezzo, che se faceste dieci digiuni in pane ed acqua. Son buone le umiliazioni, che facciamo da per noi [davanti]11 agli altri, ma molto più vale l'accettar le umiliazioni che dagli altri vengono fatte a noi, perché in queste vi è meno del nostro, e vi è più di Dio; onde vi è assai maggior profitto, se lo sappiamo soffrire. Ma che sa fare un cristiano, se non sa soffrire un disprezzo per Dio? Quanti disprezzi Gesu-Cristo ha sofferti per noi? schiaffi, derisioni, flagelli, sputi in faccia? Eh se portassimo amore a Gesu-Cristo, non solo non faressimo12 risentimento negli affronti, ma ce ne compiaceressimo,13 vedendoci disprezzati, come fu disprezzato Gesu-Cristo.







Adesso ….probabilmente hai capito molto bene perché Dio non ti e non ci ascolta ……

….perciò, da oggi invece di chiederci perché Dio non ci ascolta domandiamoci perché noi non lo ascoltiamo ….cioè domandiamoci perché siamo poco obbedienti e poco umili ………





D. Tullio



TERREMOTI E PERSECUZIONI



Siamo rimasti tutti molto scossi nel vedere a quali grandi prove è stata sottoposta la popolazione dell’Abruzzo, e quali esempi di coraggio e di eroismo abbia dato in una situazione così tragica come quella del terremoto! Questi fatti ai quali è esposta purtroppo tutta l’Italia a motivo della spinta del continente africano verso il Nord, a detta degli sismologi, hanno anche innescato una meravigliosa gara di solidarietà che rende onore alle nostre Istituzioni. Ma la disperazione di chi ha perduto in un attimo tutto è così forte da scuotere anche la fede in Dio. E’ il momento della grande prova: quando la natura mostra il suo volto di matrigna e fa toccare con mano l’impotenza dell’uomo, o ci si rifugia in Dio, o si rischia di rinnegarlo.

Da sempre la Sacra Scrittura ci ricorda la precarietà della nostra vita sulla terra con le parole del Salmo: “Gli anni dell’uomo sulla terra sono settanta, ottanta per i più robusti, per lo più intrisi di fatica e di dolore, passano in fretta e noi ci dileguiamo”. Anche la Chiesa, consapevole della nostra realtà di creature in un mondo imperfetto che attende cieli nuovi e terra nuova, ha sempre insegnato a invocare la misericordia di Dio davanti agli sconvolgimenti della natura che sovrastano il potere dell’uomo, con le cosiddette preghiere di “Rogazione”:

“A fulgore et tempestate, a flagello terraemotus, a peste, fame et bello, LIBERA NOS DOMINE!

Da qualche decennio, però, con l’avanzare di raffinate scoperte scientifiche che hanno creato la vita in laboratorio pretendendo di risolvere tutti i problemi e incoronando l’uomo al posto di Dio, queste bellissime preghiere sono state abbandonate, proprio perché si è abbandonata la fiducia in Dio. E così le umili “Rogazioni” sono state sostituite dalle moderne “Presunzioni”, che recitano più o meno così: “Dall’inquinamento del pianeta, dalle polveri sottili, dal disboscamento delle foreste, causa di terremoti e calamità, liberaci, o Uomo, e preparaci un futuro geneticamente perfetto.” Anzi, certi cultori dell’ecologismo esasperato accusano l’uomo di essere la causa principale dell’inquinamento e per questo vorrebbero eliminarlo, in ossequio a quel detto secondo cui “dopo aver eliminato Dio, si finisce con eliminare anche l’uomo”. Non è dunque fuori luogo vedere in queste prove che Dio permette un richiamo a tornare a Lui e a rettificare la nostra vita.



In tutti i casi, la consapevolezza della precarietà della nostra esistenza, non deve affatto indurci ad assumere atteggiamenti da rassegnati, da pessimisti, da perdenti, bensì da veri combattenti, da costruttori, da artisti, sull’esempio di Cristo e dei Santi che ci hanno insegnato a costruire una città terrena degna dell’uomo, sia nella gioia che nel dolore, alleviando molte sofferenze. Perciò è bene utilizzare da una parte tutte le innovazioni tecnologiche e scientifiche atte a rendere la vita più sicura, efficiente e anche bella, secondo i disegni di Dio, ma nello stesso tempo renderci consapevoli che siamo dei viandanti in cammino verso la Vita Eterna, amati da Dio che dà senso, forza e giovinezza alla nostra vita.



Spaziando poi lo sguardo oltre le macerie della nostra Patria causate dalla “cattiveria” della natura, vediamo che ci sono nel mondo altre macerie causate invece dalla cattiveria dell’uomo: guerre crudeli, violenze, omicidi, bestemmie, sacrilegi, pornografia, soprusi, tradimenti, prostituzioni, furti, ecc. e non meno pesanti sono le macerie causate dalle persecuzioni contro i cristiani nel mondo, i quali si trovano all’improvviso a perdere, peggio di un terremoto, la vita, la casa e perfino la loro terra, perché braccati e costretti a rifugiarsi altrove. Il tutto nel più assoluto silenzio dei media, perché in queste parti del mondo non si trovano generosi volontari che assistono, ma feroci terroristi che uccidono, con un tributo di sangue che si pensa coinvolga circa 160.000 vittime all’anno. (A:Socci, I cristiani perseguitati, Ed. Piemme)

E’ una cosa talmente grave il peccato commesso dall’uomo contro Dio e contro gli uomini che vale la pena di narrare un episodio molto significativo. Un giorno San Giovanni Calabria, osservando dal colle con grande sofferenza la sua Verona ridotta dalla furia dei bombardamenti a un cumulo di macerie, ebbe ad esclamare: “Un solo peccato mortale è ben peggiore di tutto questo disastro”.

Patrizia.stella@alice.it


TERREMOTO ABRUZZO
Cora: ho perso moglie e due figlie, ma sono convinto che tutto ha un senso


martedì 28 aprile 2009


Il terremoto gli ha portato via la moglie, Patrizia, e le due figlie, Alessandra, di 22 anni, e Antonella, 27. Maurizio Cora, avvocato dell’Aquila, è l’unico ad essersi salvato. Alessandra era una giovane promessa della musica, hanno anche istituito un premio in suo onore. Se n’è andata subito, con la mamma, travolte dal primo crollo. Antonella no, ha lottato per un po’ tra la vita e la morte, in ospedale, ma poi neanche lei ce l’ha fatta. Maurizio è rimasto solo. Non ha più nulla, con la casa ha perso anche lo studio, ma lo troviamo intento al lavoro, fuori dell’Aquila. Risponde in modo pacato, sereno, apparentemente senza emozionarsi. Non è però distacco, ma un abbandono, fiducioso, a quello che non possiamo mutare.



Avvocato Cora, oggi a L’Aquila ci sarà la visita di Benedetto XVI. Dopo eventi così drammatici che l’hanno coinvolta personalmente, e che hanno travolto una città, famiglie, legami, rapporti, cosa si attende?



La visita del Papa è un grande conforto per quanti, come me, soffrono profondamente. Le sembrerà poca cosa ma altro, mi creda, non saprei dire. Sentire vicina la Chiesa in un momento come questo ci conforta nella fede e nella speranza che tutto questo comunque possa avere un senso.



Neanche sua figlia Antonella ce l’ha fatta. Lei è sopravvissuto ai suoi cari…



Sì purtroppo è così. Dico purtroppo perché sopravvivere ai propri figli e alla propria moglie è qualcosa di tremendo, di assolutamente tremendo. Ho perduto in un attimo gli affetti più cari. Ora rimane la dolcezza che non c’è più. È l’evidenza di una dolcezza che hai sempre percepito, ma quasi come sottofondo della tua esistenza. Ora ne senti la mancanza, ma senti anche la forza di questa dolcezza che non hai più.



È questo sentimento a darle la forza di andare avanti?



Se non ti agganci con la fede a Dio ma rimani sul piano del contingente, finisci per crollare. L’alternativa alla fede, per me, sarebbe la disperazione. Ora ringrazio il Signore per avermi regalato, per un pezzo della mia vita, Patrizia, Alessandra e Antonella. Persone meravigliose che mi hanno gratificato della loro presenza, del loro affetto, del loro sorriso. Ora non sono più con me, ma questa mancanza mi permette di constatare quanto grande era il dono che avevo ricevuto.



Lei ha perso la casa, lo studio, tutto. Ora ha ripreso a lavorare. Dove ha trovato la forza di ricominciare?



Sì, ho perso tutto. Questo naturalmente non è nulla rispetto alla scomparsa di mia moglie e delle ragazze. Ho trovato forza, come le dicevo, solo nella fede. Qui c’è ben poco da fare, umanamente parlando. Devi accettare, mi sono detto, come volontà di Dio quello che è accaduto.



Lei prega, dunque?



Sì, costantemente.



Tornerà dove ha sempre vissuto?



No. Penso che resterò in Abruzzo ma non all’Aquila, perché non ho una casa dove tornare e non vorrei ricostruirla là dove ho vissuto questi anni con mia moglie e le mie figlie. Sarebbe uno stillicidio di dolore. Non ce la farei e già adesso sono provato. Sarebbe una grandissima difficoltà andare avanti.



Come lei tanti altri suoi concittadini stanno lottando per tornare, lentamente ma con enorme fatica, alla normalità della vita e del lavoro. Cosa ha significato per lei questa prova?



In me non è cambiato nulla, sono così com’ero prima. Ma hai una visione molto più relativa delle cose, vedi in maniera chiara ciò che conta veramente nella vita, che sono gli affetti e non le cose. I drammi li comprendi soltanto nel momento in cui li attraversi, quando ti trapassano lo stomaco e vivi la tragedia. E la tendenza è quella di allontanarsi rapidamente dalla dimensione del dolore e della sofferenza mentre, invece di fuggirla, bisognerebbe parteciparla.



Una prova drammatica come quella che ha vissuto come interroga la sua ragione, la sua fede e la sua speranza? Che risposta si è dato alla domanda sul perché? Perché tutto questo?



Indagare il perché di quello che è accaduto sarebbe un atto di presunzione. Perché è successo non lo sappiamo, non è nelle nostre possibilità. A meno che non si confonda tutto questo con la spiegazione di un terremoto. Quanto dolore accade ed è puntualmente dimenticato? Io anzi mi considero un privilegiato, perché ho la possibilità di raccontare la mia storia e il mio dramma. Altre persone hanno vissuto, e stanno vivendo, drammi tremendi nel silenzio.



Lei ha detto prima che il Papa conforterà la speranza della gente. Cosa voleva dire?



Il papa non toglierà nulla alle sofferenze della gente, ma porterà un annuncio di speranza. Le sofferenze si stemperano dinanzi certezza della paternità divina e alla speranza che viene annunciata dal Vangelo. La lezione di tutto questo è che nella vita bisogna sempre operare per il bene, e fare il bene, perché Dio ci chiama da un momento all’altro e l’importante è essere in grado di poter stare davanti a Lui.



Nonostante il dramma che sta vivendo, lei dà comunque un’impressione di grande forza.



Mi viene solo dall’accettare la volontà di Dio. Quello che accade lo dobbiamo accettare. Io sono convinto nella fede che tutto ha un senso, e nel momento in cui l’esistenza si pone in questi termini va accettata comunque. Nel lavoro, nella nostra famiglia, siamo sempre stati aiutati dalla Provvidenza, alla quale ci siamo sempre affidati. Se non possiamo comprendere questo evento - e come potremmo? - possiamo soltanto accettarlo. E starci dentro mi fa condividere la situazione di tutti.


http://www.ilsussidiario.net:80/articolo.aspx?articolo=18517

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